18 Ottobre, 2024

Le zone di incentivazione economica: storie di successo in Europa

Tempo di lettura: 5 minuti

Nell’ambito dell’Unione Europea, le Zone di incentivazione (ZI) sono tra i principali strumenti di politica industriale per lo sviluppo locale. Esse sono aree in cui si applicano vantaggi specifici di natura fiscale, finanziaria, infrastrutturale e logistica rispetto alle aree circostanti, con l’obiettivo di attirare investimenti e stimolare la crescita.

Negli anni in Europa sono state attivate 97 ZI di varia natura, che, in parte, sono state oggi dismesse. Alcune di esse si sono posizionate come best practices, avendo brillantemente raggiunto gli obiettivi che ne sottendevano alla creazione. Nel momento in cui in Italia prende il via una nuova politica di sviluppo basata sulle ZES, tali storie di successo europee dovrebbero essere attentamente analizzate e tenute in considerazione dal legislatore nazionale, per poterne riprendere i fattori di successo ed evitare i fallimenti, che pur ci sono stati.

Da un’analisi svolta da Arbolino et al. (2022), risulta che i migliori risultati sono stati ottenuti dalla free zone (FZ) di Le Verdon in Aquitania (Francia) e dalla ZES di Katowice nella regione di Slaskie (Polonia). Queste regioni rappresentano gli unici duecasi in cui gli indicatori che attestano il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo prefissati raggiungono valori molto alti, che, fattore ancor più importante, si sono mantenuti costanti nel tempo.

Nello specifico, la FZ di Le Verdon in Aquitania è divenuta una best practice, grazie ad una serie di interventi mirati, quali il potenziamento delle infrastrutture di trasporto e di collegamento ed una politica di attrazione degli IDE vincente. Il terminal di Le Verdon si è, infatti, specializzato nel trasporto container e imballaggi pesanti, mantenendo la sua funzione di scalo per le navi da crociere. L’elemento vincente è legato all’azzeramento di dazi doganali, accise o IVA sui beni dichiarati come transito e immagazzinato all’interno della FZ per tre anni.

In Polonia, dove, al 2016, erano presenti ben 16 ZES, una serie di fattori hanno determinato il successo della politica industriale, come l’efficienza – ed il costante potenziamento – della rete di trasporti, la dotazione di infrastrutture, una buona qualità delle istituzioni e delle strutture di governance, buoni livelli di esportazioni, una massiccia presenza di investimenti diretti esteri. Questi aspetti hanno contribuito alla crescita del pil regionale, rendendo la ZES di Katowice una delle migliori zone speciali d’Europa e del mondo (riconosciuta tale nel periodo 2015-2017 e nel 2019). Come la maggior parte della ZES in Polonia, lo schema di incentivazione adottato si basa sull’esenzione da imposta sul reddito, su sgravi fiscali su immobili utilizzati a fini produttivi, veicoli di trasporto e dazi doganali, su incentivi fiscali per l’assunzione di nuovo personale, e sulle procedure di investimento nel loro complesso.

Figura 2 – ZES di Katowice nella regione di Slaskie (Polonia)

Guardando alle altre regioni europee, emergono buoni risultati con riferimento anche alla Regione Eesti in Estonia, in cui sono localizzate tre free zone: il porto settentrionale di Paldiski, Muuga Arboure ed il porto di Sillamae.

Confrontando i risultati tra i vari tipi di ZI, emerge che le Free Trade Zones (FTZ) mostrano grandi differenziali tra i migliori performers (situati in Francia, Spagna ed Estonia) e gli altri gruppi (specialmente quelli in Croazia e Lituania). Da un punto di vista numerico, esse sono principalmente suddivise tra la Germania (con risultati migliori rispetto a quelli raggiunti nelle FTZ) e la Spagna.

Buoni risultati delle FTZ emergono solo in Germania, anche se essi si limitano a quanto strettamente stabilito nell’enunciazione degli obiettivi fondanti, mentre nelle regioni spagnole esse non hanno ottenuto risultati forti. La Freihafen di Amburgo ha attivato un processo di industrializzazione vincente basato sia sulla localizzazione di un gran numero di imprese sia sulla forte capitalizzazione tramite investimenti diretti esteri, che è aumentata costantemente durante l’intero periodo di esistenza della FTZ. Meno impressionanti sono stati i risultati delle FTZ nelle altre regioni tedesche, ovvero Freihafen Deggendorf in Niederbayern. La politica industriale basata su ZI in Spagna (nelle regioni dell’Andalusia e della Cantabria) presenta invece risultati limitati in termini di conseguimento degli obiettivi e di impatti sulle economie regionali.

Tali differenze mostrano come, sebbene lo schema incentivante di queste aree sia abbastanza omogeneo, i risultati economici delle diverse ZI differiscono. Ciò dipende principalmente dalle scelte di politica industriale effettuate dai policymakers. Infatti, la sola costituzione di una Zona di Incentivazione Economica non costituisce una garanzia di successo. Anzi, se essa non è affiancata da ulteriori interventi di miglioramento della connessione infrastrutturale e logistica con il resto del tessuto produttivo locale e nazionale, la ZI rischia di non essere in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati. Le ZI andrebbero, quindi, inserite in un quadro di politica economica industriale più ampio che coniughi interventi di natura fiscale, infrastrutturale e logistica, secondo una visione di sviluppo non strettamente rinchiusa nel perimetro riconosciuto di ciascuna ZI.

Inoltre, coerentemente con i risultati, all’avvio di una politica di sviluppo locale, le autorità dovrebbero considerare le differenze tra le regioni in cui installano ZI e quelle in cui non via sono e cercare di ridurre tali differenziali.

Nei fatti, però, nonostante il diffuso interesse per l’attuazione delle ZI, quale utile strumento di politica industriale a sostegno della crescita economica regionale, è ancora assente uno schema di intervento basato su una visione onnicomprensiva dell’impatto di tali zone, che rischia di non consentire, quindi, una corretta pianificazione degli interventi e delle misure necessarie.

Ulteriori approfondimenti:

Ambrosetti (2021), Le Zone Economiche Speciali (ZES): cosa sono, cosa prevedono e quali sono i punti aperti.

Arbolino R., Lantz T.L., Napolitano O. (2022), Assessing the impact of special economic zones on regional growth through a comparison among EU countries. Regional Studies: 1-15. Doi: 10.1080/00343404.2022.2069745.

PwC Ufficio Studi (a cura di) (2019), Zone Economiche Speciali. Guida per iniziative di sviluppo nel Mezzogiorno.

Articoli correlati

Rapporti conflittuali nella triade partecipazione/ urbanistica/ populismo 

Negli articoli di questo numero si riflette sull’importanza di una rinnovata democrazia partecipativa capace di incidere nei processi decisionali urbanistici considerando anche i crescenti populismi. In questo primo contributo, si difende la necessità di una nuova ecourbanistica, sostenuta da una figura rinnovata di urbanista intellettuale, capace di confrontarsi criticamente con le pubbliche amministrazioni anche grazie alla democrazia partecipativa dell’associazionismo civico

Sulla democrazia partecipativa nei processi decisionali urbanistici

Rispondendo ad alcune domande, l’autore illustra la rilevanza che dovrebbe avere nei processi decisionali urbanistici, anche in Italia, la consultazione dei cittadini nella deliberative democracy. Citando la recente esperienza in India dell’Urban Transport Project a Mumbai e la costruzione di un’autostrada di interesse intercomunale in Francia, Sabino Cassese spiega perché lo scarso ricorso alla democrazia partecipativa a livello amministrativo sia oggi un problema, anche davanti alle diverse forme di populismo che sembrano crescere in tutta Europa.

Attualità delle procedure partecipative di Giancarlo De Carlo 

Credendo nell’importanza della partecipazione anche per l’attuale urbanistica e nella validità ancora oggi dell’insegnamento del suo maestro a riguardo, Franco Mancuso ricorda due procedure partecipative che ha vissuto con G. De Carlo, entrambe caratterizzate dalla sua fiducia nella partecipazione come momento essenziale di ogni processo di progettazione. La prima alla fine degli anni Cinquanta per la redazione del Piano Regolatore di Urbino e la seconda all’inizio degli anni Settanta per la progettazione del villaggio Matteotti a Terni.

Rallentare, venticinque anni dopo. Partecipazione, conoscenze, populismo

A venticinque anni dalla pubblicazione, la rilettura del saggio di Paolo Fareri Rallentare costituisce un’occasione importante per riflettere sulle contraddizioni e sulle ambiguità dei processi partecipativi nella pianificazione urbanistica e nelle politiche urbane, sul crinale tra processi di istituzionalizzazione e depoliticizzazione delle pratiche partecipative e indebolimento della democrazia locale connesso all’emergere delle nuove forme di populismo.

La sfida della transizione energetica e le barriere alla diffusione delle rinnovabili

Alla luce degli ambiziosi obiettivi europei di decarbonizzazione, un intervento pubblico è quanto mai fondamentale per sostenere adeguati investimenti in rinnovabili. Interpretare tale necessità solo in chiave monetaria sarebbe tuttavia riduttivo. Grazie allo sviluppo tecnologico, le rinnovabili sono una opzione competitiva e conveniente. Ciononostante, la loro diffusione risulta tuttora sottodimensionata rispetto ai target europei. Il problema non è solo finanziario, ma regolatorio. Definire un quadro istituzionale e legislativo chiaro, coerente e tempestivo rappresenta un elemento cruciale alla transizione energetica. Una transizione che deve necessariamente guadagnarsi il consenso sociale delle comunità locali.