3 Dicembre, 2024

Interazione tra elementi endogeni e macroeconomia nella dinamica economica del territorio

Tempo di lettura: 5 minuti

In economia regionale, definirei uno dei lasciti più importanti di Roberto Camagni quello di credere fermamente al ruolo attivo e propulsivo degli elementi squisitamente territoriali nella dinamica economica locale, coniugandoli al tempo stesso con elementi macroeconomici di cui non dimentica e non nega, da bravo economista qual era, l’importanza nello spiegare le traiettorie di crescita economica di un’area.
Per quanto attiene gli elementi squisitamente territoriali, Roberto inserisce in letteratura un dibattito ricco di novità, soprattutto per l’interpretazione delle economie di agglomerazione. Sulla scia della scuola del distretto industriale che pionieristicamente associa le economie di agglomerazione allo sviluppo locale, Roberto sottolinea l’importanza delle economie di agglomerazione nello sviluppo locale. Tuttavia, si discosta dai distrettualisti teorizzando che il ruolo delle economie di agglomerazione non risiede solo negli aspetti statici, di produttività delle imprese, ma insiste perché il territorio venga interpretato come fonte di economie dinamiche, di capacità innovativa per le imprese in esso localizzate. Si appassiona pertanto ad un approccio dal basso in chiave evolutiva, e nella sua teoria del milieu innovateur Roberto coniuga con maestria la teoria della path-dependence degli economisti dell’innovazione alla capacità dei territori di generare processi di apprendimento collettivo, localizzati, squisitamente territoriali, appassionando un gruppo internazionale di ricerca, il GREMI, che coordina su questi temi per anni (Camagni, 1991).
Allo stesso modo, in Economia urbana Roberto supera l’approccio alquanto semplicistico della crescita della città attraverso economie di agglomerazione statiche. Roberto ritiene una banale semplificazione l’idea che la città più grande, grazie a più elevate economie di agglomerazione, sia quella che cresce di più, e ricorda invece che la città, di qualsiasi dimensione essa sia, cresce se crescono nel tempo le sue economie di agglomerazione. Pertanto, una volta di più, Roberto pone al centro dell’analisi della crescita locale le economie di agglomerazione dinamiche, riuscendo a superare la banale ed erronea visione che solo la dimensione urbana spiega i vantaggi che la città genera. In quest’ottica, trovano giustificazione le elevate diseconomie di agglomerazione che colpiscono le piccole e medie città, che entrano in rendimenti decrescenti nel tempo quando non sono in grado di affrontare cambiamenti strutturali volti ad ospitare funzioni a più elevato valore aggiunto. La città pertanto, indipendentemente dalla sua dimensione, continua a generare vantaggi se, nel crescere, sceglie la strada del rinnovamento e dell’innovazione, suggerendo un’interpretazione in chiave stocastica, e non determinista, della crescita delle città. Così facendo, Roberto enfatizza il ruolo delle azioni normative nell’indirizzare i percorsi di crescita e sviluppo urbano (Camagni et al., 2016).
Benché intellettualmente molto legato all’interpretazione delle dinamiche locali attraverso le economie di agglomerazione, Roberto non si ferma a quest’ultime per l’interpretazione della crescita delle regioni e delle città. Consapevole dell’importanza della dimensione macroeconomica per l’interpretazione della dinamica economica di un’area, Roberto sottolinea la necessità di un «modello» macroeconomico che sappia contenere al suo interno gli aspetti territoriali, comportamentali e immateriali del processo di sviluppo. Come esistono le micro-fondazioni della macroeconomia, così Roberto sostiene che si debba andare alla ricerca delle micro-fondazioni territoriali della crescita regionale.
Con questa convinzione spinge il suo gruppo di ricerca nella costruzione di un modello macro-econometrico di crescita regionale, che coniughi una logica tipicamente macroeconomica con elementi squisitamente territoriali. Nasce, sotto la sua guida, il modello MASST, così chiamato per la sua capacità di contenere aspetti macroeconomici, settoriali, sociali e territoriali nell’interpretazione della dinamica locale (Camagni et al., 2008).
Il grande salto concettuale del modello non sta nel presentare una nuova teoria, quanto nell’integrare teorie esistenti in un quadro organico dove trovino spazio aspetti macroeconomici e elementi territoriali. Di fianco ad un tasso di crescita nazionale spiegato da elementi di domanda, macroeconomici, che trovano nella teoria keynesiana la fonte per l’individuazione delle loro determinanti, Roberto suggerisce l’interpretazione del differenziale regionale attraverso elementi di offerta generatori di effetti diversificati tra regioni. Le caratteristiche territoriali analiticamente presenti nel modello rappresentano al tempo stesso gli elementi propulsivi della crescita locale e gli elementi alla base della capacità locale di risposta ai trend esogeni aggregati. Trovano spazio nel modello gli elementi di capitale territoriale, convenzionali e innovativi, le interazioni e le sinergie tra singoli elementi, i vantaggi derivanti dalla specializzazione settoriale, fonte di economie di localizzazione o di distretto, le economie di urbanizzazione, ed infine le complesse leggi secondo le quali i fenomeni innovativi avvengono in modo differenziato sul territorio.
Il connubio macroeconomia-specificità territoriali risulta vincente nell’interpretazione dei fenomeni locali. Ne è prova la capacità interpretativa del modello che, utilizzato per la generazione di diversi scenari, ha dato luogo a interpretazioni risultate nel lungo periodo veritiere. La previsione dell’impatto del COVID-19 a livello regionale fornita dal MASST è risultata molto vicina alla realtà, più di quelle di altri modelli costruiti con logiche diverse, così come nello scenario estrapolativo della fuoriuscita dalla crisi del 2008, il MASST ha previsto la ripresa, successivamente avvenuta, della divergenza tra livelli di GDP pro capite in Europa, facendo insorgere i funzionari della DGRegio alla presentazione dei risultati (Camagni, Capello, 2014).
Con questo approccio, Roberto dà una grande lezione. Ci ricorda come la complessità delle dinamiche economiche a livello locale sia tale che per comprenderla a fondo è necessario coniugare visioni all’apparenza contrastanti. Su questo connubio è necessario saper lavorare in modo innovativo. Lascia questo insegnamento alla disciplina, e in particolare al suo gruppo di ricerca, che cercherà di portare avanti i suoi insegnamenti.

Ulteriori approfondimenti

  • Camagni R. (ed.) (1991), Innovation networks: spatial perspectives. London: Belhaven Press.
  • Capello R., Camagni R., Fratesi U., Chizzolini B. (2008), Modelling Regional Scenarios for an Enlarged Europe. Berlin: Springer Verlag.
  • Camagni R., Capello R. (2014), Macroeconomic Conditions beyond Territorial Elements in Forecasting Regional Growth: the MASST3 Model. In: ESPON (ed.), Science in Support of European Territorial Development and Cohesion. Luxembourg: ESPON. 139-145. ISBN 978-2-919777-53-2.
  • Camagni R., Capello R., Caragliu A. (2016), Static vs. Dynamic Agglomeration Economies: Spatial Context and Structural Evolution Behind Urban Growth. Papers in Regional Science, 95, 1: 133-159.

Articoli correlati

Rapporti conflittuali nella triade partecipazione/ urbanistica/ populismo 

Negli articoli di questo numero si riflette sull’importanza di una rinnovata democrazia partecipativa capace di incidere nei processi decisionali urbanistici considerando anche i crescenti populismi. In questo primo contributo, si difende la necessità di una nuova ecourbanistica, sostenuta da una figura rinnovata di urbanista intellettuale, capace di confrontarsi criticamente con le pubbliche amministrazioni anche grazie alla democrazia partecipativa dell’associazionismo civico

Sulla democrazia partecipativa nei processi decisionali urbanistici

Rispondendo ad alcune domande, l’autore illustra la rilevanza che dovrebbe avere nei processi decisionali urbanistici, anche in Italia, la consultazione dei cittadini nella deliberative democracy. Citando la recente esperienza in India dell’Urban Transport Project a Mumbai e la costruzione di un’autostrada di interesse intercomunale in Francia, Sabino Cassese spiega perché lo scarso ricorso alla democrazia partecipativa a livello amministrativo sia oggi un problema, anche davanti alle diverse forme di populismo che sembrano crescere in tutta Europa.

Attualità delle procedure partecipative di Giancarlo De Carlo 

Credendo nell’importanza della partecipazione anche per l’attuale urbanistica e nella validità ancora oggi dell’insegnamento del suo maestro a riguardo, Franco Mancuso ricorda due procedure partecipative che ha vissuto con G. De Carlo, entrambe caratterizzate dalla sua fiducia nella partecipazione come momento essenziale di ogni processo di progettazione. La prima alla fine degli anni Cinquanta per la redazione del Piano Regolatore di Urbino e la seconda all’inizio degli anni Settanta per la progettazione del villaggio Matteotti a Terni.

Rallentare, venticinque anni dopo. Partecipazione, conoscenze, populismo

A venticinque anni dalla pubblicazione, la rilettura del saggio di Paolo Fareri Rallentare costituisce un’occasione importante per riflettere sulle contraddizioni e sulle ambiguità dei processi partecipativi nella pianificazione urbanistica e nelle politiche urbane, sul crinale tra processi di istituzionalizzazione e depoliticizzazione delle pratiche partecipative e indebolimento della democrazia locale connesso all’emergere delle nuove forme di populismo.

La sfida della transizione energetica e le barriere alla diffusione delle rinnovabili

Alla luce degli ambiziosi obiettivi europei di decarbonizzazione, un intervento pubblico è quanto mai fondamentale per sostenere adeguati investimenti in rinnovabili. Interpretare tale necessità solo in chiave monetaria sarebbe tuttavia riduttivo. Grazie allo sviluppo tecnologico, le rinnovabili sono una opzione competitiva e conveniente. Ciononostante, la loro diffusione risulta tuttora sottodimensionata rispetto ai target europei. Il problema non è solo finanziario, ma regolatorio. Definire un quadro istituzionale e legislativo chiaro, coerente e tempestivo rappresenta un elemento cruciale alla transizione energetica. Una transizione che deve necessariamente guadagnarsi il consenso sociale delle comunità locali.