21 Novembre, 2024

L’edilizia sociale pubblica come strumento di cambiamento delle città

Tempo di lettura: 5 minuti

Partiamo da una triplice considerazione: siamo contemporaneamente protagonisti e spettatori della città neoliberale (Pinson, 2022), la cui ideologia plasma lo spazio e le politiche urbane intensificando crisi abitativa e sociale (Barile et al., 2023); l’emergenza ambientale impone una transizione ecologica urgente; e la governance delle trasformazioni urbane vede la proprietà privata guidare sempre più direttamente i processi, portando ad una opacità decisionale (Balducci, 2023). Con una battuta si potrebbe dire che l’anarcocapitalismo sta arrivando in città, facendo fare un salto di qualità in negativo alla città neoliberale, con la proprietà privata che passa da influenzare ad essere soggetto unico che guida direttamente i processi. Per far fronte a questa deriva, volendo adottare approcci da Stato Innovatore (Mazzucato, 2014), e quindi con un certo ottimismo della volontà, la proposta di aumentare gli alloggi pubblici (ERP – Edilizia Residenziale Pubblica, ed ERS pubblico – Edilizia Residenziale Sociale pubblica, tra cui gli studentati pubblici) si pone come valido strumento di rigenerazione equa della città.

Questione abitativa e questione urbana vanno trattate congiuntamente: molti dei territori che offrono potenziale di rigenerazione sono proprio quelli dell’ERP, e la rigenerazione urbana vede nella rigenerazione abitativa un’efficace via per includere le fasce di popolazione più fragili. L’aumento degli alloggi di ERP diventa così il nodo gordiano per contrastare gli effetti negativi della città neoliberale e della sua potenziale evoluzione anarcocapitalista; la casa pubblica si pone come attore cruciale per mitigare il mercato immobiliare offrendo opportunità abitative alle fasce più vulnerabili e contrastando la polarizzazione sociale.

L’attualità dell’ERP si inserisce in questo quadro di proposta politica di azione. L’ERP in Italia rappresenta la quasi totalità dell’edilizia sociale, dato che l’offerta di case accessibili del privato sociale è limitata. Attualmente, ci sono circa 900.000 alloggi di ERP, inclusi quelli delle ex Ater e dei Comuni, di cui circa il 10% sono sfitti e necessitano di ristrutturazione a causa dell’eliminazione da parte del Governo “Conte I” del fondo (art. 4 Legge 80/2014) nel 2019. In confronto, a dicembre 2017, CDP Investimenti Sgr segnalava la presenza di 4.625 alloggi di ERS privato realizzati; verosimilmente i numeri attuali si aggirano attorno a circa 15.000 alloggi.

Ci sono 320.000 famiglie in graduatoria in attesa, con diritto, di un alloggio di ERP, ma questo numero è certamente inferiore al reale bisogno, stimabile in circa 650.000 domande (FEDERCASA, 2024), considerando il grande numero di persone che non fanno più domanda per la disillusione. La Legge di Bilancio del 2024, approvata il 28 dicembre 2023, non prevede risorse pubbliche fino al 2027, concentrandosi invece su tavoli per produrre linee guida o idee su fantomatici partenariati pubblico-privato. Attualmente, si utilizzano principalmente risorse stanziate in passato, come il PINQuA, il fondo complementare al PNRR e la Delibera CIPE del 22 dicembre 2017.

Alla luce di tutto ciò, considerando quindi l’edilizia sociale pubblica come lo strumento principale intorno al quale costruire la mitigazione della sopracitata deriva, le proposte di azione diventano le seguenti:

  1. Costruire un “Patto per l’Abitare” siglato da tutti i diversi attori interessati e fondato sulla consapevolezza di superare l’impostazione affermatasi in questi anni.
  2. Elaborare un Piano Casa Nazionale, pianificando l’aumento significativo degli alloggi di ERP e di ERS Pubblico, ovvero degli alloggi sociali pubblici per almeno 250.000 unità  (FEDERCASA 2024). Mediante l’uso di aree pubbliche dismesse (a partire dall’assegnazione gratuita ai Comuni degli Immobili di Enti statali e parastatali inutilizzati e i beni confiscati alle mafie) o mediante la demolizione e ricostruzione con aumento volumetrico di edifici di ERP che hanno raggiunto il fine vita edilizio. In questo senso si richiede da un lato la volontà dei Comuni di pianificare urbanisticamente in questa direzione (basti riscoprire la logica dei PEEP per citare un esempio), e dall’altro di pianificare Fondi di finanziamento pubblici statali per la costruzione o in alternativa compensazioni urbanistiche che portino allo stesso risultato. Si deve evitare che su terreni pubblici su cui si attivano urbanisticamente progetti di rigenerazione urbana delle città si abbia un output di zero alloggi pubblici.
  3. Finanziare a livello nazionale la ristrutturazione degli alloggi ERP inutilizzati, rifinanziando l’art. 4 della Legge 80/2014, per affrontare in modo rapido una necessità emergenziale ed utilizzare in tempi rapidi tutti gli alloggi esistenti. 
  4. Finanziare una gestione sociale nei quartieri ERP, per garantire inclusione e riattivare dimensioni comunitarie nei contesti residenziali e con il quartiere, al fine di migliorare le relazioni interpersonali tra abitanti e creare le condizioni per il rispetto delle regole (morosità, uso degli spazi comuni, occupazioni abusive, dimensione condominiale e di quartiere, ecc.). Attivando uffici di gestione sociale nelle ex ATER e ponendoli in rete con il territorio (servizi sociali, servizi sanitari, forze dell’ordine e realtà di volontariato), per poter offrire un accompagnamento all’Abitare e alla gestione delle fragilità.
  5. Modificare la definizione di alloggio sociale ai fini di inquadrare l’ERP come Servizio di Interesse Generale (SIG), al pari della Sanità Pubblica e della Pubblica Istruzione, e non come un Servizio di Interesse Economico-Generale (SIEG), come attualmente definito e analogamente all’ERS privato. Questo perché l’ERP, da sempre e tutt’ora, è caratterizzato ontologicamente da dei vincoli di cogenza che impongono sia le assegnazioni sia il canone sociale; inoltre, la sua realizzazione è interamente sovvenzionata da fondi pubblici e la stessa proprietà civilistica è pubblica. Queste caratteristiche evidenziano chiaramente una natura non economica del servizio pubblico. Ciò peraltro differenzia l’ERP dai modelli di social housing presenti nel resto d’Europa, dove invece il servizio pubblico è rappresentato in ultima istanza dal contributo per pagare il canone di un alloggio sociale, consentendo al gestore di incassare sempre un canone di sostenibilità gestionale, e quindi rilevando una natura economica. Ciò determinerebbe anche la condizione generale per risolvere in modo definitivo la questione del pagamento dell’IMU da parte degli enti proprietari di ERP.
  6. Rifinanziare il PiNQuA per permettere la realizzazione di tutti i progetti ammessi in graduatoria che contemplano la costruzione di nuovi alloggi di ERP.
  7. Rifinanziare il Fondo sostegno affitti e il Fondo morosità incolpevole.

Ulteriori approfondimenti

Balducci A. (2023), «Riconoscere il senso complessivo delle trasformazioni per governare il cambiamento». In La città invisibile. Quello che non vediamo sta cambiando le metropoli. Milano: Fondazione Feltrinelli.

Barile A., Brollo B., Gainsforth S., Marchini R. (2023), Dopo la gentrificazione. Un quartiere laboratorio dalla crisi economica all’abitare temporaneo. Bologna: Derive Approdi.

FEDERCASA (2024), Proposte abitative ERP-ERS per la definizione delle nuove politiche abitative e il rilancio dell’ERP in Italia. Roma: Federcasa.

Mazzucato M. (2014), Lo stato innovatore. Roma-Bari: Laterza.

Pinson G. (2022), La città neoliberale. Milano, Mimesis.

Articoli correlati

Oltre il contributo d’accesso, per un modello sostenibile di turismo

L'introduzione del contributo d'accesso per i turisti a Venezia ha avuto un effetto boomerang, aggravando i problemi esistenti. Questo intervento, pensato per gestire la pressione turistica, si è rivelato inefficace e controproducente. Venezia, simbolo dell'overtourism, ha visto peggiorare il tessuto sociale e produttivo, con disuguaglianze amplificate e residenti penalizzati. La vera soluzione richiede un futuro economico sostenibile e una regolamentazione più rigorosa del settore turistico, superando l'attuale modello predatorio.

Conto alla rovescia: posti letto e residenti in una città a breve termine

La sperimentazione del contributo d’accesso a Venezia, introdotta per mitigare l'impatto del turismo giornaliero, ha suscitato molte critiche e non ha ridotto la pressione turistica. Le polemiche evidenziano come la misura sembri mirata a capitalizzare i flussi turistici piuttosto che limitarli e non affronti i problemi causati dall’aumento delle locazioni brevi, che superano i posti letto dei residenti. La gestione dell’overtourism richiede interventi complessi e a lungo termine, centrati soprattutto sul tema dell’abitare, per contrastare la trasformazione di Venezia in una città esclusivamente turistica.

Il Contributo d’Accesso come misura di visitor management: il caso di Venezia

Il visitor management propone una varietà di misure in grado di monitorare, informare, influenzare e guidare il comportamento dei visitatori all’interno di diversi contesti come le destinazioni turistiche. Queste misure rispondono a necessità mirate e strutturali per la destinazione che possono contribuire al miglioramento della vivibilità; tuttavia, considerate di per sé non rappresentano un approccio di governance in una visione di sviluppo sostenibile. Il caso del contributo di accesso di Venezia viene utilizzato come caso di discussione.

Progettare città per essere (più) umani

Il comportamento è influenzato dalle nostre biografie individuali e dalle relazioni, sia sociali che con l’ambiente: la personalità che ne deriva si elabora, così, su memorie consce ed inconsce. Queste relazioni modellano le esperienze e il loro ricordo. Molti studi interdisciplinari hanno indagato su come lo spazio influisce sulla personalità, le relazioni, le emozioni e la memoria. La forma urbana agisce sulla coesione sociale, spesso non soddisfacendo i bisogni umani più naturali. È essenziale integrare, perciò, neuroscienze e psicologia ambientale nell'urbanistica per migliorare la qualita del costruito. Tre aree chiave sono la pianificazione, la cura degli spazi aperti e degli edifici, finalizzate alla inclusione sociale, alla sicurezza e ad un’idea di sostenibilità estesa anche al benessere psicofisico dei cittadini.

Invecchiare in città

I dati OCSE rivelano un aumento significativo della popolazione anziana nelle città dovuto all'aumento dell'aspettativa di vita e al calo dei tassi di natalità. Questo cambiamento demografico richiede che le città si adattino per rispondere ai bisogni diversi di una popolazione invecchiata. L'invecchiamento influisce sulla capacità di attenzione e sull'adattamento ai rumori urbani, rendendo la vita in città più difficile per gli anziani. Una pianificazione urbana inclusiva dovrebbe ridurre le complessità decisionali e i livelli di rumore, beneficiando così tutti i cittadini.