18 Ottobre, 2024

Ancora sull’autonomia differenziata. La nuova normativa e la legge 42/2009 di attuazione del federalismo fiscale.

Tempo di lettura: 5 minuti

Nel numero odierno di DiTe si riprende il dibattito di scottante attualità sul tema dell’autonomia differenziata, dopo la definitiva approvazione parlamentare, lo scorso 19 giugno, del disegno di legge 615 (cosiddetto Calderoli). DiTe, che ha già ospitato, nel numero del 5 marzo scorso, alcuni contributi di valutazione e critica dell’assetto decentrato disegnato dalla nuova normativa, torna sull’argomento a motivo della grande importanza che la rivista attribuisce al progetto riformatore e ai possibili effetti, su scala nazionale e territoriale, che da esso possono scaturire.

In particolare, si ripropongono alcuni dei contributi del 5 marzo, da parte di autorevoli studiosi della materia (Adriano Giannola, Patrizia Lattarulo, Sandro Staiano e Gianfranco Viesti), insieme alla presente nota introduttiva e ad un nuovo scritto di Ivo Rossi. Quest’ultimo saggio propone una interessante, assai ampia lettura dell’autonomia differenziata, in chiave storica e politica, oltre che economico-finanziaria, rilevando i limiti di un’impostazione della normativa appena approvata eccessivamente autonomistica e identitaria, in aperto contrasto con le attuali necessità delle amministrazioni statali e regionali, chiamate oggi a confrontarsi con mercati integrati, network globali e imprese multinazionali con bilanci enormi e poteri assai vasti. Non possiamo non condividere le perplessità che, come i precedenti scritti, emergono anche dal nuovo contributo.

Più in generale, al termine del percorso di approvazione della nuova normativa, ci appare particolarmente suggestivo il confronto fra, da una parte, lo spirito complessivo della primigenia legge Calderoli (legge 42/2009) e le disposizioni con cui quella norma delegava il Governo all’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione e, dall’altra, le effettive linee di intervento su cui si muove l’attuale normativa. Al proposito, giova ricordare tre punti fondamentali. Il primo punto è quello richiamato all’art. 2 (oggetto e finalità), comma 2a della Legge 42, dove si legge che l’azione del Governo si informa al “principio e criterio direttivo generale” dell’autonomia di entrata e spesa e della responsabilizzazione amministrativa, finanziaria e contabile di tutti i livelli di governo. Il secondo punto, esplicitato all’art. 2, comma 2m, riguarda il “superamento graduale, per tutti i livelli istituzionali, del criterio della spesa storica a favore del fabbisogno standard (…) e della perequazione della capacità fiscale”. Il terzo è connesso alla istituzione di un “fondo perequativo a favore delle regioni con minore capacità fiscale per abitante (…) in modo tale da ridurre adeguatamente le differenze tra i territori con diverse capacità fiscali per abitante” (art. 9, comma 1).

Sul tema dell’autonomia tributaria e della responsabilizzazione, il nuovo testo di legge dice poco, limitandosi a stabilire che ciascuna intesa Stato-Regione “individua le modalità di finanziamento delle funzioni attribuite attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale” e ribadendo in questo modo l’opinabile scelta del “federalismo all’italiana”, fondato sulle compartecipazioni invece che su tributi propri. Alcuni dei possibili problemi dello schema compartecipativo proposto sono stati evidenziati, fra gli altri, da Bordignon et al. (2023): aliquote di compartecipazione fortemente differenziate tra le regioni e dinamiche divergenti di spesa e gettito, tendenti a creare e cumulare nel tempo avanzi e disavanzi nelle diverse regioni. Su questa dinamica dovrebbe vigilare e intervenire la Commissione paritetica Stato- Regione (art. 8, comma 2) alla quale è assegnato il compito, arduo ai limiti del verosimile, di “provvedere annualmente alla ricognizione dell’allineamento tra i fabbisogni di spesa già definiti e l’andamento del gettito dei tributi compartecipati” e, in caso di scostamento, di “proporre al Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza unificata, l’adozione delle necessarie variazioni delle aliquote di compartecipazione, garantendo comunque l’equilibrio di bilancio e nei limiti delle risorse disponibili”. Più in generale, la nuova normativa trascura completamente la necessità di procedere al rafforzamento dell’autonomia tributaria regionale, che è un elemento fondante del federalismo fiscale (come rilevava la legge 42), garanzia della responsabilizzazione dei governi decentrati (Zanardi, 2023) e, a nostro modo di vedere, presupposto essenziale e imprescindibile dell’ottenimento delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia previste dall’art. 116, comma 3, della Costituzione.

Riguardo la prescrizione della legge 42 di superare l’iniquo criterio della spesa storica, essa è completamente disattesa dalla nuova normativa che, almeno per le materie non LEP, prevede che “il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse (…) può essere effettuato (…) nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente”. Le nove materie non-LEP (rapporti internazionali e con l’Unione europea; commercio con l’estero; professioni; protezione civile; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale; organizzazione della giustizia di pace) comprendono ben 184 funzioni, alle quali fa capo una spesa pubblica complessivamente assai significativa (Chieffi et al., 2023). È sorprendente e preoccupante che le materie non-LEP possano essere immediatamente trasferite alle regioni che le richiedano, cristallizzando le differenze interregionali nella spesa pubblica per abitante che oggi penalizzano chiaramente soprattutto le regioni meridionali più estese (Scalera, 2024).

Allo stesso modo, il problema delle profonde diversità nelle capacità fiscali delle regioni, fortemente caratterizzante il caso italiano e seriamente considerato nella legge 42, è sostanzialmente ignorato dalla nuova normativa. Meccanismi di perequazione nella forma ad esempio di fondi perequativi orizzontali o verticali sono essenziali per garantire la fruizione dei diritti fondamentali dei cittadini residenti in tutti i territori e per allineare risorse e compiti degli enti territoriali, evitando prestazioni eccessive e inefficienze (come talora accade nelle regioni a statuto speciale). Per converso, la nuova legge menziona perequazione, sviluppo, coesione e solidarietà solo al penultimo articolo (art. 10, comma 1), dove in forma del tutto generica si fa riferimento alla volontà di rimuovere gli squilibri economici e sociali, eliminare i deficit infrastrutturali, razionalizzare e semplificare le procedure di utilizzo delle risorse.

Gli articoli presentati in questo numero di DiTe sull’autonomia differenziata evidenziano alcune importanti criticità della nuova norma. Le considerazioni svolte in questa nota inducono a un giudizio non favorevole anche in riferimento al complessivo disegno di decentramento amministrativo e fiscale della Repubblica tracciato dalla legge 42/2009, rispetto al quale la nuova legge si muove in maniera complessivamente del tutto incoerente. 

Ulteriori approfondimenti

  • Bordignon M., Rizzo L., Turati G. (2023). Come si finanzia l’autonomia differenziata? Lavoce.info, 28 novembre
  • Chieffi L., Lopes A., Scalera D., Staiano S. (2023). Regionalismo differenziato. Razionalizzazione o dissoluzione. Editoriale Scientifica, Napoli.
  • Scalera D. (2024). Autonomia rafforzata: motivazioni reali e improbabili benefici. DiTe, 5 marzo.
  • Zanardi A. (2023). Se l’autonomia contraddice i principi del federalismo. Lavoce.info, 13 aprile.

Articoli correlati

I rischi di una crescita trainata dal turismo per il futuro del Nord Est

L’impatto economico del turismo nelle città è significativo. Emergono tuttavia preoccupazioni per gli effetti negativi a lungo termine, come l'overtourism e la diffusione di lavori scarsamente remunerati. Ancora, il turismo rischia di compromettere settori produttivi che letteralmente non trovano spazio nelle nostre città e di allontanare giovani e residenti. Regolamentare i flussi turistici e promuovere innovazione e sostenibilità appare dirimente per una crescita durevole sotto il profilo economico e sociale.

Il regionalismo conflittuale del secolo scorso di fronte alle nuove sfide

Il regionalismo conflittuale del secolo scorso si trova oggi di fronte a sfide globali e tecnologiche che ne evidenziano l’inadeguatezza. Le previsioni degli anni '90 sulla fine degli stati nazionali e sull'emergere di un'Europa delle Regioni si sono rivelate illusorie, incapaci di rispondere alle nuove dinamiche imposte dalla globalizzazione, dal reshoring delle imprese e dalla crescente interconnessione tecnologica. Oggi, la riforma del titolo V della Costituzione e la spinta autonomistica mostrano i limiti di una politica incapace di adattarsi a tali cambiamenti, aumentando la confusione nei rapporti fra lo Stato e le Regioni e intensificando i conflitti tra forze politiche e territori.

L’autonomia regionale differenziata è una secessione dei ricchi

L’autonomia differenziata configura una autentica “secessione dei ricchi” perché amplifica enormemente i poteri delle Regioni, pregiudicando disegno e attuazione delle politiche pubbliche nazionali e ampliando le disuguaglianze territoriali. Il trasferimento delle risorse alle Regioni è definito da commissioni stato-regione privando il Parlamento delle proprie potestà.

Storia e Cronistoria del DdL Calderoli

Il disegno di legge Calderoli all’esame del Parlamento stabilisce, tra l’altro, che l’attuazione dell’autonomia per tutte le funzioni che prevedono il rispetto dei LEP non possono essere oggetto di intesa se non dopo la loro definizione e ciò, di fatto, “costituzionalizza” gli squilibri distributivi nella ripartizione della spesa tra le regioni, penalizzando in particolare quelle meridionali.

L’equivoco dei residui fiscali tra spesa storica e suggestioni autonomistiche

I residui fiscali, lungi dall’essere “impropri e parassitari” non sono altro che la conseguenza della necessità di garantire l’attuazione del principio di equità: dai dati si evince che tale principio, complice il meccanismo del criterio della spesa storica, è lungi dall’essere rispettato.