26 Dicembre, 2024

Invecchiare in città

Tempo di lettura: 7 minuti

I dati dell’OCSE evidenziano un aumento della popolazione anziana rispetto a quella giovanile. Questo fenomeno è principalmente dovuto all’aumento dell’aspettativa di vita e al calo dei tassi di natalità. Per le città, ciò comporta la necessità di adattare la vita urbana per rispondere ai gusti, alle abilità e ai bisogni diversi di una popolazione in evoluzione.

Prestare attenzione

Sono cresciuto nella città di Toronto, una metropoli di circa tre milioni di abitanti, anche se ora vivo, poco distante, in una città molto più piccola. Ho sempre amato la sua vitalità, così sono spesso tornato a visitarla. Negli ultimi anni, però, ho scoperto che la frequenza delle mie visite è diminuita. Una parte di questo declino è dovuto ad aspetti pratici: i ritardi insopportabili nell’intenso traffico, e un treno “pendolare” che ha poche corse. Ma non è solo questo che mi frena. Ho scoperto che la densità e il ritmo frenetico ora sono diventati più faticosi. Quando guido in città, cosa che cerco di fare il meno possibile, ci sono situazioni in cui l’elaborazione delle informazioni diventa così elevata da essere scoraggiante, generando qualcosa di simile al dolore fisico. Svoltare a sinistra nella direzione del traffico in arrivo ed insieme monitorare i movimenti di molti pedoni è un compito percettivo difficile per tutti, ma per me lo è diventato di più negli ultimi dieci anni. Gli aspetti psicologici e i meccanismi neurobiologici attivati in questi frangenti sono stati studiati sia nei giovani che negli anziani. A quell’angolo di strada, quell’azione in auto, implica distogliere rapidamente l’attenzione da un luogo per concentrarvi da qualche altra parte. Sto cercando di occuparmi di più di una cosa allo stesso tempo: i movimenti dei singoli pedoni e il traffico in arrivo. Gli studi di laboratorio indicano che, per questi aspetti nella navigazione dello spazio urbano, gli anziani mostrano qualche declino.

Ecco un altro esempio: quando cammino per le strade della città, trovo leggermente più difficile seguire un percorso in un marciapiede affollato di esseri umani, perché richiede una percezione molto sofisticata. Devo seguire le traiettorie degli altri, anticipare quello che gli psicologi chiamano “l’attimo prima della collisione”. Sono necessari molti micro-aggiustamenti della postura e dell’andatura. Questo avviene in modo naturale ed inconscio, però, con il passare degli anni non è più così. Esiste un effetto della competizione. I più alti prevalgono su quelli più bassi, gli uomini dominano le donne e, sebbene le prove siano molto scarse, probabilmente anche la razza gioca un ruolo. Sebbene sia stata prestata poca attenzione, sembra che l’età conti. 

Persone che fanno improvvisi cambi di direzione, o che camminano in gruppo, producono irritazione. La difficoltà che provo nel gestire le decisioni durante la guida è simile al lieve aumento di stress che provo nei confronti dei pedoni: credo abbia a che fare con la capacità di attenzione.
Fare un tuffo in profondità sull’attenzione e sull’invecchiamento richiederebbe molto spazio, quindi vediamo le cose più importanti. Le diverse capacità cognitive inerenti l’“attenzione” consistono in una serie di cose diverse, tra cui allertare (essere pronti a rispondere a un evento), il controllo esecutivo (capire le informazioni rilevanti), e l’orientamento (portare l’attenzione su una cosa). Queste dimensioni sono influenzate dall’invecchiamento, ma alcune molto più di altre. In generale, gli anziani sono più lenti a prestare attenzione perché hanno difficoltà ad ignorare le informazioni secondarie. Orientarsi, fare focus, perciò, è per loro leggermente più complicato. I ricercatori distinguono la rapida risposta esogena o riflessa, da dare a un nuovo evento, da una endogena, che deriva dalla applicazione cosciente di una regola. Ad esempio, se il segnale è rosso, guarda a sinistra, mentre se è blu, guarda a destra. Possiamo dire che gli anziani hanno più difficoltà con l’orientamento endogeno.

L’attenzione influisce sul modo in cui gli anziani vivono le città. Ripensando agli esempi citati, è facile comprendere come il mio disagio agli incroci stradali, e lo stress nel balletto sul marciapiede, sia legato alla diminuzione dell’elaborazione cerebrale dei movimenti altrui, ad anticiparli e, quindi, a pianificare meglio i miei.
Per costruire adeguati dispositivi spaziali per gli anziani, ciò potrebbe significare che dovremo prestare maggiore attenzione alla potenziale competizione tra le indicazioni veicolate. Potrebbe essere utile cercare modi per contenere la quantità di informazioni inutili in questi colli di bottiglia dell’esperienza urbana, eliminando alcune inutili complessità coinvolte nella fase esecutiva del processo decisionale. Inoltre, credo che da queste misure, aldilà degli anziani, tutti potrebbero trarre beneficio da questo tipo di considerazioni progettuali. 

Ti sento. Troppo. 

Cammino per la mia città ogni giorno. La maggior parte delle volte cerco percorsi che mi tengano lontano dal flusso del traffico automobilistico seguendo sentieri e parchi urbani. Quando devo camminare lungo il bordo di una strada trafficata, lo trovo quasi insopportabile. So che la mia irritazione per il rumore urbano è aumentata da quando avevo 50 anni.

La scienza qui non è eccessivamente complicata. La banale verità è che non riusciamo a sentire molto bene. Ma a dire il vero, sebbene vi sia un inevitabile declino della sensibilità uditiva con l’età, almeno tra quelli che vivono nelle aree industrializzate del mondo, per la maggior parte delle persone tale declino è modesto. Ma se si registra un modesto calo, perché noi vecchi troviamo il rumore più fastidioso? Questo ha più a che fare con l’adattamento. I più giovani sono molto bravi ad adattarsi ai diversi livelli di rumore ambientale. Ecco perché i giovani riescono a conversare anche in un bar rumoroso. Una relativa incapacità di adattamento, e di filtro, fa sì che l’esposizione a livelli elevati di rumore urbano inondi il sistema uditivo e renda molto più difficile pensare con chiarezza e prendere decisioni.

Un ambiente urbano inclusivo deve prestare molta attenzione ai livelli sonori ambientali. Come per l’attenzione, il rumore urbano colpisce tutti. Anche se noi anziani possiamo trovare il rumore più sgradevole, il suo effetto sui sistemi uditivi più giovani è cumulativo. 

Alla ricerca del tempo perduto

La percezione del tempo è un aspetto importante della pianificazione urbana. I pianificatori parlano di città da cinque minuti, città da quindici minuti, e passeggiata in 5 minuti, e così via. Sappiamo che le persone sono più propense a utilizzare i trasporti pubblici se la fermata più vicina si trova a cinque minuti a piedi da dove vivono. Conosciamo tutti la differenza tra una passeggiata di 10 minuti attraverso un paesaggio urbano affascinante, denso e ricco di soddisfazioni per gli occhi, e una passeggiata della stessa durata lungo il lato di una strada principale a quattro o sei corsie con ampi arretramenti e enormi parcheggi. Sembra che uno voli via. L’altro impiega un’eternità. 

Per comprendere l’impatto dell’invecchiamento sulla percezione del tempo nelle città, faremmo bene a osservare gli effetti su intervalli di tempo più brevi. La psicologia e la neuroscienza della percezione del tempo sono un’area di ricerca ricca. In uno studio, i partecipanti più giovani e quelli più anziani sono stati testati per la loro capacità di stimare con precisione intervalli di tempo di 8 o 21 secondi. Entrambi i gruppi sono in grado di stimare accuratamente questi intervalli di tempo all’inizio dell’esperimento, ma con il passare del tempo e con test ripetuti, si verifica un graduale cambiamento nella percezione del tempo da parte dei partecipanti più anziani.

Ciò significa che per un partecipante più anziano, quando viene chiesto di stimare un intervallo di tempo di 21 secondi alla fine di una lunga serie di attività, le stime sono lunghe (circa 25-26 secondi). In altre parole, per i partecipanti più anziani, l’orologio interno rallenta gradualmente con l’affaticamento cognitivo. Le sequenze di eventi sembrano avvenire più rapidamente. Tradotto nell’esperienza quotidiana, ciò suggerisce che, per le persone anziane, il susseguirsi degli eventi in una tipica passeggiata lungo una strada cittadina sembra più veloce.

Uno dei motivi per cui i pedoni trovano così infelice camminare in un paesaggio stradale costruito per le auto è che tali paesaggi sono progettati per essere vissuti a una velocità di circa 50 km/ora, anziché i 4-5 km/ora di un tipico pedone. Cosa succede quando l’esperienza del tempo, piuttosto che la densità del paesaggio stradale, cambia di circa il 20% nel corso della vita? Gran parte del lavoro di base sull’estetica empirica suggerisce che cerchiamo la novità e la complessità, ma solo in una certa ben misurata dose. Se il grado di complessità preferito rimane lo stesso nel corso della vita, ma cambia la velocità con cui lo percepiamo nelle città, ciò potrebbe avere importanza. Dovremmo scoprirlo.

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