26 Dicembre, 2024

Nuove colture: ricerca e dialogo con gli agricoltori dell’Appennino Pavese

Tempo di lettura: 7 minuti

L’Oltrepò Pavese è l’unico tratto appenninico della Lombardia, con una prevalenza della collina su montagna e pianura; ospita circa 140.000 abitanti con una densità abitativa in montagna (26 abitanti/km2, fra le più basse delle aree interne italiane); negli ultimi decenni lo spopolamento delle terre collinari e, soprattutto, montane è stato significativo ed accompagnato da rilevanti dissesti idrogeologici.

L’agricoltura è la fonte di reddito principale, il turismo è ancora poco sviluppato. L’area collinare è, in parecchi Comuni, occupata quasi totalmente dai vigneti, mentre ad altitudini maggiori prevale la foraggicoltura, in rotazione con frumento e orzo. La montagna è invece coperta da boschi e prati-pascoli. Le coltivazioni sono a basso reddito, compresa la viticoltura che negli ultimi decenni ha visto una forte contrazione dei ricavi. Le aree boschive sono sfruttate poco e male e la zootecnia è molto limitata.

Incrementare la redditività agricola, nel rispetto dell’ambiente, è probabilmente una delle leve principali per scongiurare l’ulteriore degrado del territorio. I fronti su cui lavorare sono parecchi, le competenze richieste sono diversificate e agendo solo in un senso non si ottengono risultati apprezzabili. 

L’area collinare e montana dell’Oltrepò Pavese è stata oggetto di ATTIV-AREE-Oltrepò (bio)diverso, articolato e complesso progetto supportato finanziariamente dalla Fondazione Cariplo; l’azione B 2.1 R&S Coltivazioni ha permesso di sperimentare direttamente in aziende agricole della zona alternative colturali all’odierno, come la coltivazione di specie al di fuori dell’ordinario per la zona. Il rigore con cui devono essere condotte le prove sperimentali, l’elaborazione dei dati e soprattutto i costi da sostenere implicano necessariamente l’intervento di un ente di ricerca con supporto economico adeguato. 

La scelta della coltura da saggiare è stata effettuata tenendo in considerazione nuove colture a più alto reddito delle attuali, rispettose dell’ambiente (quindi parsimoniose nelle esigenze di coltivazione), che si possano effettuare con i macchinari già presenti nelle aziende agricole del territorio e che permettano di ottenere prodotti da poter vendere direttamente al consumatore finale, anche in loco. Le informazioni necessarie citate sono state raccolte analizzando le pubblicazioni disponibili sulla quinoa, soprattutto in ambienti simili a quello scelto per la nostra sperimentazione.

Gli imprenditori agricoli per avviare nuove colture necessitano di informazioni su: tecniche di coltivazione, eventuali problemi fitosanitari, adattabilità e produttività della coltura che si vuole saggiare, nonché di visitare i campi sperimentali realizzati, per poter decidere se adottare la coltura o meno.

Le prove sono state eseguite dal Dipartimento delle Produzioni Vegetali Sostenibili della Facoltà di Scienze Agrarie dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.

È stata scelta la quinoa (pianta erbacea originaria del Sud America) poiché non ha esigenze elevate; produce un seme divenuto popolare anche in Europa, considerato molto nutriente e interessante anche per celiaci. Non vi sono dati relativi ad un territorio simile all’Oltrepò, in quanto, in Italia, le prove di coltivazione di questa pianta sono state effettuate nel Centro-Sud.

Nel presente progetto sono stati allestiti 13 campi sperimentali (Tab. 1), a diverse fasce altimetriche presso i quali sono stati effettuati rilievi periodici. 

2016 (3 az. agricole)2017 (4 az. agricole)2018 (3 az. agricole)2019 (3 az. agricole)
Zavattarello ARomagnese – Pozzallo Romagnese – Pozzallo Romagnese – Casa Ariore
Zavattarello BRocca De’ Giorgi Rocca De’ Giorgi Rocca De’ Giorgi 
Verrua PoZavattarelloSan Michele ai Pianoni San Michele ai Pianoni 
 Val di Nizza  
Tabella 1 – Località e numero di aziende agricole coinvolte nei diversi anni di sperimentazione

I campi sono stati preparati per la semina dagli stessi agricoltori sotto le indicazioni dei ricercatori, la semina è stata effettuata in primavera, con una seminatrice da grano opportunamente settata poiché il seme di quinoa ha dimensioni molto piccole. La coltura è stata seguita per tutto il periodo fino alla raccolta dai ricercatori che hanno provveduto a effettuare rilievi fenologici ed entomologici, con un continuo dialogo con gli agricoltori che hanno ospitato i campi sperimentali.

Dopo un primo anno di verifica, negli anni successivi sono state sperimentate 4 varietà (Tab. 2) scartando quelle dall’eccessiva lunghezza del ciclo colturale.

I punti critici sono risultati essere: la semina e gli attacchi di insetti sulle piantine appena emerse: l’affinamento del letto di semina per interrare alla giusta profondità il piccolo seme è fondamentale, come è importante scegliere oculatamente il periodo di semina; le piantine appena emerse, se attaccate dalle altiche (Coleotteri Crisomelidi) in concomitanza di periodi siccitosi, possono soccombere. È necessario anche monitorare gli attacchi di cimici (Rincoti Pentatomidi, Miridi e Coreidi) durante la formazione del panicolo. Inoltre, la necessità di sottoporre la granella dopo la trebbiatura a successiva pulitura ha comportato la ricerca di laboratori in grado di fornire questo servizio anche per piccole quantità, ponendo l’accento sulla necessità di attrezzare un laboratorio, meglio se consortile, nell’area.

Gli aspetti positivi hanno riguardato il basso consumo idrico e possibilità di non applicare concimazioni azotate. Si tratta quindi di una coltura parsimoniosa sotto il profilo agronomico e di conseguenza ambientale. La quinoa ha una potenziale redditività all’ettaro che si può spingere a valori decisamente più elevati del grano tenero (coltura tipica dell’area) ed è risultata incoraggiante soprattutto per alcune varietà (Tab. 2). 

varietàaltezza media della pianta (cm)lunghezza media del panicolo (cm)intervallo di produttività (tonnellate/ettaro)
Titicaca 66,2617,150,40 – 4,60
Regalona99,6814,850,50 -3,32
Vikinga49,2112,940,10 – 0,72
Puno72,2113,310,16 – 1,26
Tabella 2 – Dati fenologici e produttività delle 4 varietà saggiate nei diversi anni

Come si evince dalla Tab. 2, le varietà che meglio si adattano all’areale studiato sono risultate essere Titicaca e Regalona, con una resa in granella grezza che non è andata mai al di sotto di 0,40 t/ha. Tuttavia, la produttività non è costante poiché dipende da vari fattori, soprattutto la disponibilità della giusta quantità di acqua al momento della semina e dell’emergenza delle piantine e la giusta temperatura.

La resa invece delle varietà di Puno e Vikinga invece sono risultate troppo basse. I dati raccolti nei diversi anni di sperimentazione sono stati messi a disposizione non solo degli agricoltori, ma anche di tecnici e trasformatori tramite incontri denominati “la giornata della quinoa”, evento che si è svolto ogni anno durante il progetto e ha permesso di discutere varie tematiche agronomiche ma anche quelle riguardanti la pulitura, la trasformazione e la commercializzazione sia della granella sia dei prodotti ottenibili (soprattutto prodotti da forno).

Il dialogo e il confronto con gli agricoltori che hanno ospitato nelle loro aziende le prove sono stati proficui, è stato possibile affrontare e discutere con loro le difficoltà, mettendo in atto soluzioni condivise. La quinoa si è mostrata anche sulle colline dell’Oltrepò Pavese, una coltura poco esigente per quanto riguarda la fertilizzazione: tutti campi sono stati coltivati senza l’uso di fertilizzando azotati ma sfruttando la fertilità dei suoli dove tradizionalmente si effettua la rotazione delle colture. E le varietà Titicaca e Regalona hanno risposto bene. Anche durante la crescita la pianta non ha bisogno di apporti irrigui, peraltro impossibili in collina, ma soffre eventuali periodi di siccità nella fase di emergenza delle piantine.

Grazie alla sperimentazione condotta, sono stati messi in evidenza i punti critici sui quali gli agricoltori interessati alla coltivazione di questa coltura devono porre particolare attenzione, pena risultati molto deludenti e ovviamente perdite economiche anche importanti.

La vendita della granella permette all’agricoltore di spuntare un prezzo alto, poiché il prodotto è particolarmente richiesto sul mercato ma presuppone un’organizzazione per offrire partite omogenee, di buona qualità e di una certa quantità, pena l’esclusione da mercato. La vendita diretta di granella al consumatore è decisamente conveniente ma presuppone la pulitura e quindi l’allestimento di laboratori adatti nell’area e la produzione da parte dell’azienda agricola di una quantità sufficiente di quinoa per ammortizzare i costi.

Ulteriori approfondimenti

  • Akram M.Z., Libutti A., Rivelli A.R.: Evaluation of Vegetative Development of Quinoa under Water Stress by Applying Different Organic Amendments. Agronomy. 13, 1412 (2023) https://doi.org/10.3390/agronomy13051412
  • Cominelli F., Reguzzi M. C., Nicoli Aldini R., Mazzoni E.: – Insect pest susceptibility of grains and seeds recently introduced to the Italian market: an experimental evaluation. Journal of Stored Products Research 89, 101691, https://doi.org/10.1016/j.jspr.2020.101691 (2020).

Articoli correlati

Multiculturalità e innovazione nelle aree rurali: driver per le food policy

La rivoluzione alimentare urbana coinvolge sempre più città e territori, con politiche volte a garantire sicurezza alimentare e sostenibilità. Restano però lacune nell’implementazione e nella valutazione di tali iniziative. Multiculturalità e innovazione rurale emergono come temi centrali: l’uso del linguaggio e nuovi paradigmi spaziali evidenziano l’importanza di integrare diversità culturale e rurale e di rivedere il tradizionale dualismo urbano-rurale. Progetti collaborativi e colture alternative, come la quinoa, mostrano il potenziale per valorizzare territori, biodiversità e comunità locali.

Parlare vegano: riflessioni su parole e linguaggi nel Veggie Food World

La scelta vegana, seguita da oltre 22 milioni di italiani nei consumi plant-based, implica trasformazioni etiche nei consumi, coinvolgendo anche settori come abbigliamento e cosmesi. Tuttavia, l’integrazione sociale del veganismo incontra resistenze culturali, spesso riflesse nel linguaggio. Mentre il mondo vegan adotta termini onnivori per attrarre nuovi consumatori, gli onnivori utilizzano etichette dispregiative per marcare confini. Il linguaggio, dunque, non solo descrive pratiche, ma definisce relazioni e possibilità di integrazione sociale.

Oltrepò BioDiverso: rural network per lo sviluppo dell’Appennino lombardo

Il progetto Oltrepò BioDiverso ha attivato un rural network per valorizzare la biodiversità e promuovere lo sviluppo socio-economico nell’Appennino lombardo. Tra il 2017 e il 2020, ha coinvolto 17 Comuni e 19 enti no profit, integrando innovazione agricola, multifunzionalità e strumenti per la coesione territoriale. L’iniziativa ha contrastato lo spopolamento e avviato modelli replicabili di sviluppo rurale sostenibile, rafforzando il dialogo tra aree urbane e interne.