21 Novembre, 2024

Oltrepò BioDiverso: rural network per lo sviluppo dell’Appennino lombardo

Tempo di lettura: 7 minuti

A livello europeo da sempre si è assistito alla ricerca di nuovi paradigmi per raggiungere gli obiettivi posti dalle politiche comunitarie. Tali obiettivi mirano a ridurre le disparità tra il mondo urbano e quello rurale, promuovendo l’emergere di pratiche agricole innovative e diversificate, oltre a ridefinire la relazione tra territorio, risorse naturali locali e attori socioeconomici coinvolti.

In Italia, l’evoluzione del concetto di ruralità dal 1950 a oggi può essere articolata in tre fasi principali, a cui si aggiunge una quarta fase più recente, caratterizzata dallo sviluppo rurale integrato:

  • Ruralità agraria (1950-1960): durante questo periodo, il concetto di ruralità è stato prevalentemente interpretato in chiave dualistica rispetto all’urbanizzazione. Il rurale era sinonimo di disagio economico e povertà, configurandosi come una dimensione marginalizzata rispetto ai processi di modernizzazione urbana;
  • Ruralità industriale (1960-1990): in questa fase, si è verificata una significativa trasformazione economica, con la crescita di un sistema produttivo basato su piccole e medie imprese strettamente integrate con il contesto rurale. Il processo ha portato a una nuova configurazione del rurale, meno isolata e più connessa alle dinamiche industriali;
  • Ruralità post-industriale (dal 1990 ad oggi): il concetto di ruralità ha subito una ridefinizione sostanziale, assumendo connotazioni positive legate alla qualità ambientale e alla qualità della vita. L’accento è posto sulla valorizzazione delle risorse naturali e culturali locali, con un ruolo centrale delle aree rurali nel garantire sostenibilità e benessere;
  • Sviluppo rurale integrato (dal 2000 ad oggi): a seguito di importanti conferenze e summit internazionali, si è consolidata una visione evolutiva che interpreta lo sviluppo rurale come un processo complessivo di miglioramento del benessere delle popolazioni rurali. Questo approccio riconosce il contributo delle risorse rurali non solo alla qualità della vita locale, ma anche al benessere complessivo della società, rafforzando l’interconnessione tra aree rurali e urbane.

Negli ultimi anni, quindi, un nuovo concetto di ruralità si sta concretizzando includendo nuovi strumenti di innovazione rurale e pratiche di co-progettazione e co-innovazione che si mettono a sistema in rural network che si sono affermati attorno al concetto di network societies. I vertical networks integrano le pratiche agricole nella filiera alimentare comprendendo le risorse naturali come indicatore di interfaccia tra il network e il sistema rurale circostante. Mentre gli orizontal network integrano le economie non basate su processi agricoli in un set di processi che sfruttano spazi rurali e urbani. Si può evincere, dunque, che lo sviluppo rurale deve integrare le risorse locali e deve partire dalla comunità come bisogno di sviluppo endogeno ed il processo di transizione verso sistemi rurali sostenibili richiede cambiamenti multilivello nei sistemi produttivi.

Dall’esigenza di pianificare una nuova ruralità che risponda alla necessità di individuare gli strumenti operativi per sostenere una strategia territoriale integrata, si riporta il caso studio del progetto “Oltrepò BioDiverso. La natura che accoglie” che esemplifica la costituzione di un rural network multidisciplinare e multisettoriale. Il progetto sviluppato tra il 2017 ed il 2020 è stato finanziato dal programma intersettoriale AttivAree di Fondazione Cariplo e si è articolato in 25 azioni coordinate dalla Fondazione per lo Sviluppo dell’Oltrepò Pavese, riunendo un partenariato multidisciplinare di 19 Enti no profit, che hanno ricoperto i territori di 17 Comuni dell’Oltrepò Pavese.

L’obiettivo principale del progetto è stato quello di fare leva sulla biodiversità ambientale locale e sul trasferimento di conoscenza per supportare lo sviluppo di innovative attività agricole, produttive e di ricerca, contrastare lo spopolamento, l’isolamento e la stasi socioeconomica dell’area interna dell’Appennino di Lombardia.

I temi della multifunzionalità agricola, della creazione di filiere, delle certificazioni di qualità e dei pagamenti per i servizi ecosistemici sono alcuni degli strumenti utilizzati dagli operatori locali per facilitare lo sviluppo di un’economia locale integrata. Da sottolineare, quindi, come il binomio impresa agricola-innovazione rurale è sempre stato considerato la chiave del successo delle imprese e del sistema produttivo nel complesso integrando gli aspetti di rural vertical orizontal network, intendendo valorizzare al meglio la preziosa biodiversità presente sul territorio collinare e montano.

Il modello di intervento applicato si è basato sull’accesso alle risorse naturali locali come punto di partenza di un processo di riattivazione dell’Oltrepò. In primo luogo, perché soltanto se accessibili le risorse possono essere valorizzate ed in secondo luogo, perché è tramite l’accessibilità alle risorse che il territorio si può aprire a nuovi potenziali fruitori. Dal metodo di lavoro concretizzato si stanno traendo i primi benefici in termini di innovazione rurale aperta. Il progetto, quindi, ha reso operativo un modello di sviluppo rurale che ha coinvolto diversi attori simultaneamente che stanno caratterizzando l’Oltrepò Pavese come spazio di biodiversità e di interscambio tra contesti urbani e aree interne.

Il progetto ha permesso di creare le basi per la costituzione di altri rural network locali che si sono connotati per essere dei circular network caratterizzati da tematiche ben precise ed i cui attori istituzionali locali si aggregano per raggiungere livelli di sviluppo superiori. Interessante è il caso del Consorzio Agro Silvo Pastorale Reganzo onlus che ha potuto beneficiare dell’esperienza e dei risultati del progetto Oltrepò BioDiverso al fine di promuovere la tutela e la valorizzazione del capitale naturale forestale dell’Alto Oltrepò Pavese. Il Consorzio essendo stato coinvolto in alcune azioni del progetto pilota ed essendo socio della Fondazione per lo Sviluppo dell’Oltrepò Pavese ha messo a punto un modello di coesione territoriale ed istituzionale al fine di proseguire le attività inerenti alla pianificazione e protezione dei boschi locali.

Il lavoro di rinnovo del fascicolo aziendale del Consorzio – che avviene ogni 10 anni al fine di rispettare le disposizioni regionali per i Consorzi Forestali – ha permesso di istituire un team operativo di tecnici ed amministratori locali indirizzato a ricercare gli attuali proprietari forestali, ricercare anagrafiche non note, redigere i documenti per i conferimenti dei terreni, aggiornare il libro soci ed il fascicolo aziendale. Nello specifico la rete ha visto la partecipazione dell’Amministrazione Provinciale, della Comunità Montana, delle Amministrazioni Comunali, di ETS quali la Fondazione per lo Sviluppo dell’Oltrepò Pavese (che si compone di 59 soci totali di cui Provincia, Comunità Montana, 42 Comuni, 3 CAA agricoli, il Consorzio Reganzo ed altri enti no profit), il CAA di riferimento del Consorzio, consulenti amministrativi, tecnici forestali ed agronomi.

Attraverso questa sinergia si è riusciti ad ottenere 160 soci conferitori di terreni ad uso bosco, incolto e pascolo per una superficie fortemente frammentata di circa 600 ettari validi ai fini del riconoscimento regionale ed arrivare a più di 900 ettari integrando circa 250 ettari di particelle catastali con superficie al di sotto di 5000 mq. Il tutto ha visto un lavoro enorme di ricomposizione della frammentazione fondiaria analizzando 3600 particelle catastali. Questo lavoro ha richiesto una costante collaborazione ed un interscambio di informazioni anche alla luce di cambiamenti legislativi avvenuti in corso d’opera. Si sottolinea come il Consorzio sia una onlus da statuto ed ha operato su un territorio vasto e fortemente frammentato in cui dal secondo dopoguerra si assiste ad un progressivo spopolamento verso le aree più a valle.

Le esperienze analizzate dimostrano come lo sviluppo rurale possa essere efficacemente sostenuto attraverso strategie integrate che valorizzano le risorse endogene delle comunità e promuovono un approccio basato sul luogo (place-based). L’integrazione tra gli attori locali ed extraterritoriali si è rivelata cruciale per comprendere le dinamiche territoriali e attivare meccanismi di successo orientati alla sostenibilità economica, ambientale e sociale. Il progetto Oltrepò BioDiverso ha evidenziato l’importanza di reti multidisciplinari per contrastare spopolamento e isolamento, rilanciare le economie locali e promuovere la biodiversità attraverso processi di co-progettazione e innovazione.

Ulteriori approfondimenti

Articoli correlati

Multiculturalità e innovazione nelle aree rurali: driver per la revisione delle food policy?

La "rivoluzione alimentare urbana" coinvolge sempre più città e territori, con politiche volte a garantire sicurezza alimentare e sostenibilità. Restano però lacune nell’implementazione e nella valutazione di tali iniziative. Multiculturalità e innovazione rurale emergono come temi centrali: l’uso del linguaggio e nuovi paradigmi spaziali evidenziano l’importanza di integrare diversità culturale e rurale e di rivedere il tradizionale dualismo urbano-rurale. Progetti collaborativi e colture alternative, come la quinoa, mostrano il potenziale per valorizzare territori, biodiversità e comunità locali.

Parlare vegano: riflessioni su parole e linguaggi nel Veggie Food World

La scelta vegana, seguita da oltre 22 milioni di italiani nei consumi “plant-based”, implica trasformazioni etiche nei consumi, coinvolgendo anche settori come abbigliamento e cosmesi. Tuttavia, l’integrazione sociale del veganismo incontra resistenze culturali, spesso riflesse nel linguaggio. Mentre il mondo vegan adotta termini onnivori per attrarre nuovi consumatori, gli onnivori utilizzano etichette dispregiative per marcare confini. Il linguaggio, dunque, non solo descrive pratiche, ma definisce relazioni e possibilità di integrazione sociale.

Nuove colture: ricerca e dialogo con gli agricoltori dell’Appennino Pavese

L’agricoltura in Oltrepò Pavese è la principale fonte di reddito. Il drastico calo della popolazione degli ultimi decenni, il suo costante invecchiamento e il dissesto idrogeologico hanno portato al dimezzamento della superficie agricola coltivata. Il progetto ATTIV-AREE-Oltrepò (bio)diverso, sostenuto da Fondazione Cariplo, ha sperimentato colture innovative come la quinoa, coltivata in 13 campi sperimentali. I risultati evidenziano sostenibilità ambientale, basso consumo idrico e alta potenziale redditività, coinvolgendo agricoltori in dialoghi e soluzioni condivise.