Il Veneto è uno dei territori italiani più produttivi e rappresenta, assieme a Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, il cuore economico pulsante della nostra penisola. Da sempre la Regione Veneto è l’autentico motore turistico dell’Italia, poiché ormai da anni si conferma essere il territorio leader nazionale del settore.
In termini assoluti il turismo veneto rappresenta la prima industria della Regione. Per meglio comprenderne le dimensioni e le conseguenti ricadute sociali ed occupazionali, è sufficiente ricordare come, nel periodo pre-pandemico, il PIL derivante dal comparto turistico abbia registrato numeri importanti. Nell’anno 2019 in Veneto si è registrato un numero di turisti pari a 67 milioni di presenze dei quali 32 sulla costa; un volume di affari pari a circa 20 miliardi di euro, di cui 9 riconducibili al tematismo balneare che impiega circa 200.000 addetti.
È evidente che il turismo non sia in nessun modo un’industria delocalizzabile, essendo indissolubilmente legato non solo alla bellezza e alla eterogeneità artistiche e paesaggistiche del nostro territorio, ma anche alla professionalità e alla competenza degli operatori turistici che hanno fatto della cultura dell’ospitalità e dell’accoglienza il vero valore aggiunto di questo segmento produttivo. Implicazioni profonde con il tessuto sociale delle comunità e una forte ricaduta occupazionale sul territorio fanno del turismo una forma di economia reale e tangibile nel senso letterale del termine.
La Regione Veneto riconosce nove Sistemi Turistici Tematici e Territoriali (art.11 L.R.11/2013), dei quali il comparto turistico riconducibile alla balneazione costiera rappresenta da solo, anche in condizioni di emergenza pandemica, quasi il 50% del totale. Nei due anni appena trascorsi l’imprenditoria balneare ha saputo reagire a straordinarie difficoltà in maniera veloce ed efficace, più di altri territori e di altre economie, dimostrando di essere protagonista della ripartenza e asset trainante dell’economia veneta.
Per queste ragioni mi sento di affermare che senza le spiagge non esisterebbe fenomeno turistico in Veneto e forse nemmeno nel resto d’Italia.
Come interrogarsi allora sul futuro delle nostre spiagge? A mio avviso servono necessariamente assunzione di responsabilità trasversali e un’aggregazione di sensibilità tra loro differenti.
Da sempre gli operatori balneari del Veneto sono premurosi custodi delle spiagge; attenti a questo bene pubblico di primaria importanza, fondamentale per l’esistenza del tessuto economico, sociale ed occupazionale. D’altro canto, dobbiamo essere consapevoli del fatto che le aziende sono “proprietà private”. Realtà imprenditoriali, costruite con anni di investimenti e sacrifici, rappresentano il cuore pulsante della grande macchina del turismo della costa. Per questo, nell’affrontare gli inevitabili percorsi di evidenza pubblica per la riassegnazione delle concessioni, si dovrà tener conto di quanto fatto sin qui; non solo riconoscendo gli investimenti privati, ma anche e soprattutto valutando il know how gestionale e l’avviamento commerciale fatto negli anni passati. È fondamentale tenere conto del ruolo determinante di questi fattori per far sì che la costa veneta possa confermare l’importanza economica ed occupazionale come realtà a livello nazionale.
L’attuale situazione di incertezza in cui versa il comparto, a causa della procedura di infrazione avviata dalla Comunità Europea e dei conseguenti ricorsi giudiziari, ha paralizzato l’intero settore diffondendo un senso di smarrimento e preoccupazione; ha innescato accesi dibattiti ancora in corso in tutta la penisola.
Ora è il momento di costruire una riflessione che possa far comprendere come una vera innovazione sia indispensabile, ma non su base esclusivamente tecnologica. È necessario costruire una visione aggettivo? per sviluppare un pensiero innovativo in grado di tutelare la categoria e preparare tutte le aziende balneari, grandi e piccole, ad affrontare le sfide del futuro.
Da “patologici ottimisti” dobbiamo riconoscere che l’emergenza pandemica ci ha messo in condizione di comprendere come fosse necessario ridefinire un nuovo concept delle nostre spiagge, che permettesse loro di divenire definitivamente ed efficacemente sostenibili e inclusive, aumentando il livello qualitativo dei servizi al fine di rispondere alle attuali esigenze dei diversi tipi di clientela.
Questa consapevolezza e il senso di responsabilità degli operatori turistico balneari veneti hanno prodotto una reazione differente rispetto ad altre zone costiere italiane a seguito della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato. A conferma di questo fatto si pone la riflessione avviata nel 2020 quando, in occasione del G20 delle spiagge italiane, era stato organizzato un tavolo di discussione sul tema delle concessioni demaniali marittime. In maniera provocatoria si era discusso di “PTTRR” – “Piano Turistico Territoriale di Ripresa e Resilienza” – e di quale potesse essere la risposta da parte degli operatori balneari veneti alle criticità da affrontare. Innovare non solo è possibile, ma è ormai inderogabile.
La consapevolezza della fragilità e della scarsità delle risorse naturali, accanto alla necessaria riqualificazione del territorio con investimenti dedicati alla salvaguardia delle coste, saranno il terreno di confronto tra enti locali e categorie economiche; il tutto al fine di determinare una grande cabina di regia che consentirà di mettere in sicurezza il reale fondamento dell’industria turistica del nostro territorio.
Il comune obiettivo sarà riuscire a trasformare un oggettivo momento di criticità e incertezza in una straordinaria opportunità di rilancio del sistema turistico veneto e dell’offerta turistica complessiva da sottoporre ai nostri ospiti, per consolidare il primato fino a qui raggiunto.