“Due surfisti californiani avevano comprato o affittato l’isola, avevano costruito un albergo, e ora erano pronti a iniziare l’attività. Offrivano accesso esclusivo a quella che era forse l’onda migliore del mondo a un massimo di sei ospiti paganti. Era un concetto inedito: pagare per poter fare surf senza nessun altro intorno. L’affollamento di Tavarua sarebbe stato impedito dal resort e dagli accordi presi con le autorità locali […] – scrive ancora il premio Pulitzer William Finnegan – ed era l’unica grande onda del pianeta che non era rimasta sopraffatta dalla tragedia dei beni comuni”. Risolvere attraverso forme più o meno accentuate di tariffazione (finanche di privatizzazione) di luoghi altrimenti condannati all’overtourism non è prerogativa della sola isola di Tavarua.
Nel 2024 Venezia ha introdotto in via sperimentale il Contributo di Accesso, un ticket per i visitatori che mira a regolare i flussi turistici e limitare l’impatto del turismo degli escursionisti giornalieri. Nel 2025 partirà la seconda fase di sperimentazione del contributo di accesso. Le principali novità rispetto a quest’anno sono il numero di giorni in cui sarà richiesto il pagamento, che passerà da 29 a 54, e il costo, che passerà da 5 a 10 euro per chi prenota l’accesso con meno di quattro giorni di anticipo.
Questa misura avrebbe dovuto rispondere alla crescente pressione che i visitatori giornalieri esercitano sulle infrastrutture e sul tessuto sociale della città. Ma lo strumento del Contributo di accesso ha mostrato finora un impatto molto limitato: se escludiamo infatti l’aspetto economico (il Comune ha incassato più di quanto previsto, ma comunque meno di quanto investito), i dati del primo periodo di sperimentazione rivelano che il numero di turisti non è diminuito. Anzi, in alcuni periodi di picco, è addirittura aumentato. Nel periodo compreso tra il 25 aprile e il 5 maggio 2023 sono stati censiti 677.590 accessi, mentre nel 2024 sono stati 747.387.
Al netto delle variabili che possono aver influito su periodi specifici, risulta difficile credere che il Contributo, così concepito, possa ottenere risultati significativi attraverso il solo aumento della tariffa. Per questo, nel riproporlo, sarebbe necessario rivedere molti aspetti.
Per cercare di trovare un equilibrio efficace tra turismo e tutela dei beni comuni, di cui i residenti sono parte, è necessario allora guardare in altre direzioni. Il tema della conoscenza e dei dati è cruciale e un approccio di open government potrebbe garantire una gestione più inclusiva e trasparente del processo decisionale, coinvolgendo attivamente la comunità locale, le categorie economiche non legate al turismo, gli ordini professionali e le istituzioni di prossimità, a partire dalle Municipalità.
Una gestione più aperta dei dati raccolti dalla Smart Control Room (sistema di monitoraggio di cui si è dotato il Comune di Venezia che raccoglie e integra dati su traffico, flussi turistici, condizioni meteo e ambiente, sicurezza e trasporti) consentirebbe di sviluppare un gemello digitale della città capace di simulare scenari utili a determinare quali misure adottare: dall’introduzione di tariffe dinamiche collegate a una carta dei servizi, a limiti di accesso determinate dalla capacità di carico turistico, valutando anticipatamente anche le possibili conseguenze di impatto sociale.
Il nodo è tuttavia rappresentato dalla competizione per le risorse che la città offre. Le domande di turisti e residenti “si sovrappongono nel tempo e nello spazio ed entrano in conflitto e divergono”: per affrontare efficacemente la sovrapposizione di cui scrive Marco D’Eramo, anche le strategie pubbliche devono essere pensate a partire dagli assi del tempo e dello spazio.
Essere turisti è spesso sinonimo di un passaggio rapido e irresponsabile nelle città, dove si sfrutta lo spazio fisico per un tempo limitato con un conseguente elevato turnover. Contrastare questo fenomeno agendo sulla variabile tempo significa provare ad immaginare una forma di turismo diversa rispetto a quella attuale.
Il progetto Veniwhere ha provato a dare sostanza a una nuova relazione tra turista e cittadino: l’obiettivo consisteva nel promuovere soggiorni prolungati a Venezia, invitando studenti, professionisti e lavoratori in remoto a vivere in città per periodi estesi, anziché limitarsi a visite brevi, creando opportunità di entrare in contatto con la dimensione sociale e culturale locale, partecipando attivamente alla vita della comunità con un impatto positivo anche sulle attività economiche di prossimità. Purtroppo, dopo un biennio di lancio in via sperimentale, questa iniziativa ha dovuto arrendersi di fronte alla difficoltà dei partecipanti nel trovare alloggio e adeguati spazi di lavoro.
Il nodo resta in realtà quello della casa. Il fenomeno delle locazioni turistiche, a Venezia come in molte altre città, ha ridotto drasticamente la disponibilità di case per la residenza stabile, trasformando molti alloggi in affitti brevi per turisti. Per contrastare questo fenomeno che erode il patrimonio abitativo a lungo termine, aggravando il problema dello spopolamento della città e alterandone la natura stessa molte città europee hanno già introdotto sistemi di regolamentazione delle locazioni turistiche per ristabilire l’equilibrio tra turisti e residenti.
Parigi, dove chi affitta la propria residenza principale su piattaforme come Airbnb deve registrarla presso il municipio e affittarla per un massimo di 120 giorni l’anno; per le seconde case o affitti più lunghi è richiesta la compensazione con un alloggio simile per affitto a lungo termine. Barcellona, dove è appena partito il piano per vietare entro novembre 2028 tutti gli affitti turistici, definiti come residenze affittate per soggiorni fino a 31 giorni; saranno gradualmente eliminati i 10.000 attuali e non verranno rilasciate nuove licenze.
Grazie a un emendamento dell’onorevole Nicola Pellicani, convertito in legge nel 2022, anche Venezia ha la possibilità (al momento unica città in Italia) di regolare le locazioni turistiche. L’emendamento dà la facoltà al Comune di integrare i propri strumenti urbanistici con specifiche disposizioni regolamentari per individuare i limiti massimi e presupposti per la destinazione degli immobili residenziali ad attività di locazione breve. La norma stabilisce inoltre un limite di 120 giorni oltre il quale il Comune può subordinare lo svolgimento dell’attività di locazione breve ad un cambio di destinazione d’uso dell’immobile.
A oltre due anni di distanza dalla conversione in legge dell’emendamento, il Comune ha annunciato l’approvazione in Giunta di un regolamento che recepisce in parte le opportunità offerte dall’emendamento, introduce alcune regole comportamentali ascrivibili più alla categoria dei nudge che a quelle di veri e propri vincoli, e che permette di superare il limite dei 120 giorni attraverso la semplice presentazione di una SCIA.
Fino a che non si interverrà con maggiore decisione su questi aspetti, all’interno di un progetto complessivo, e di un’idea di città in cui il turismo è solo una delle sue componenti, si continuerà a proporre solo misure tampone, tanto efficaci dal punto di vista mediatico quanto poco incisive sul piano pratico nel contrastare gli effetti dell’overtourism.
E rischieremo di continuare ad illuderci che questo possa bastare. Come surfisti su una spiaggia delle Fiji, in attesa di cavalcare l’onda perfetta per 500 dollari al giorno.