9 Aprile, 2025

Backshoring: una vera strategia di rilancio per le regioni Europee?

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Da tempo l’Europa richiama l’attenzione sul rilancio della produttività e della competitività della sua economia. Il rapporto Draghi pubblicato nel settembre del 2024 è uno dei più recenti documenti dell’Unione che mette in luce la fragilità dell’economia Europea, riassunta nel passaggio emblematico che sostiene che “se l’Europa dovesse mantenere il tasso medio di crescita della produttività dal 2015, questo sarebbe sufficiente a garantire il PIL costante fino al 2050, in un momento in cui l’UE si trova ad affrontare una serie di nuove esigenze di investimento che dovranno essere finanziate attraverso una maggiore crescita” (p. 1, rapporto Draghi, 2024).[1]

Il rapporto identifica le cause della scarsa produttività e, soprattutto, suggerisce i rimedi. Una delle strategie richiamate da Draghi è l’importanza di ridurre la dipendenza dell’economia Europea dal resto del mondo attraverso processi di backshoring, riportando e rilanciando in Europa l’attività industriale in tutti i settori ove questo è possibile, e divenendo sempre più un attore globale strategico nella produzione di materie prime cruciali, ad esempio nei semiconduttori. Tutto ciò è in linea con la precedente politica commerciale internazionale di “Open Strategic Autonomy” suggerita dall’Unione Europea nel 2022[2], e dalla necessità di reindustrializzare l’Europa per acquisire incrementi di produttività ormai stagnante da anni, e per rilanciare l’occupazione. “L’era delle delocalizzazioni incontrollate e della dipendenza cieca dalle importazioni è finita” si legge nel rapporto “Resilienza 2030” redatto nel 2023 dalla Presidenza spagnola dell’Unione Europea[3].

Tutto ciò ha un senso: rilancio della capacità industriale innesta un circolo virtuoso di maggiori investimenti, innovazione, nuovi posti di lavori e successivi incrementi di produttività, di competitività e di crescita. Tuttavia, quando ci si ferma a riflettere, la ricetta sembra fin troppo semplice, o quantomeno ottimista sotto molti aspetti. Al di là di alcuni dubbi circa la vera possibilità di rilanciare l’industria europea in settori strategici come i semiconduttori (abbiamo ancora, o, per alcuni settori, abbiamo mai avuto le competenze? Abbiamo davvero abbastanza materie prime per aumentare la nostra indipendenza dall’estero?), è lecito domandarsi se gli effetti attesi siano solo positivi e, soprattutto, se si distribuiscano in modo omogeneo tra regioni.

A queste domande ha cercato di rispondere il progetto Horizon TWIN SEEDS[4] che il Politecnico di Milano ha coordinato, e di cui si riportano alcuni risultati sugli effetti del backshoring sulla dinamica dell’occupazione, sui meccanismi di polarizzazione della forza lavoro e dei salari nel mercati del lavoro locali, sulle disparità regionali, e sulle traiettorie di crescita regionali che si innesterebbero in futuro qualora la nuova strategia di commercio internazionale venisse implementata. Nel progetto ci si è anche confrontati con il tema di come fossero percepiti costi e benefici del commercio internazionale dagli individui, in un’ottica di analizzare il crescente sostegno elettorale per movimenti politici in aperta opposizione all’integrazione economica internazionale.

Mi preme anticipare un messaggio che accomuna tutti gli interventi. I vantaggi di un processo di backshoring sul rilancio economico esistono, ma in modo molto differenziato tra regioni. Questo fa sì che un rilancio industriale si accompagna ad un inevitabile peggioramento delle disparità territoriali in Europa. Questo non vuol dire che la strategia di rilancio dell’economia Europea non debba passare attraverso la reindustrializzazione e il backshoring. Tuttavia, suggerisce che l’Europa deve essere consapevole degli effetti che il backshoring genera in termini di potenzialità di crescita regionale e per questo non può esimersi dal fare politiche di mitigazione. In questo senso, non siamo partiti con il piede giusto. Basti pensare che la dimensione regionale nel rapporto Draghi è completamente assente[5].


[1] Unione Europea (2024), “EU competitiveness: Looking ahead. A competitiveness strategy for Europe

[2] European Commission (2022), EU strategic autonomy 2013-2023. From concept to capacity, EU, Brussels.

[3] Spain’s National Office of Foresight and Strategy (2023), “Resilient EU2030

[4] https://twinseeds.eu/

[5] A riguardo si legga Capello e Rodríguez-Pose (2025), “Europe’s Quest for Global Economic Relevance: On the Productivity Paradox and the Draghi Report”, Scienze Regionali, 24(1),2025

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