Il patrimonio culturale, se adeguatamente valorizzato, può rappresentare un motore di sviluppo locale. Mettere la cultura al centro di politiche dedicate allo sviluppo significa puntare ad investire sulle specificità locali, sulle potenzialità delle risorse territoriali, sulle conoscenze, le capacità e il capitale sociale allo scopo di stimolare creatività, innovazione e progresso sostenibile. Le potenzialità del patrimonio culturale sono molteplici, come le sfide da affrontare per garantire strategie di valorizzazione lungimiranti ed efficaci.
A fronte degli effetti della globalizzazione, della pandemia e della digitalizzazione, le città per essere competitive devono garantirsi una buona reputazione. In tale contesto, la cultura e la comunicazione online possono giocare un ruolo strategico. Attraverso il caso studio della Città di Brescia si analizza il contributo che la valorizzazione museale, da parte degli stessi musei e della città, può apportare per promuovere l’attrattività delle città aumentandone il “Soft Power”, ma anche per sostenere individui e comunità nella dimensione sia fisica sia digitale.
Il progetto “Valli Resilienti”, cofinanziato da Fondazione Cariplo nell’ambito del programma “AttivAree” (2016-2019), si è proposto di promuovere lo sviluppo locale con un approccio intersettoriale volto a potenziare le risorse ambientali, economiche, sociali e culturali, nonché i legami di collaborazione, solidarietà e accoglienza dei territori della Valle Trompia e della Valle Sabbia. Le attività, guidate dalla Comunità Montana di Valle Trompia e sviluppate da un ampio partenariato costituito da enti istituzionali e del terzo settore, hanno cercato di stimolare la rigenerazione del territorio favorendo la sinergia tra le varie realtà identitarie locali.
Perché conta la cultura per lo sviluppo urbano e regionale? E’ il quesito valutativo esplorato nello studio sull’impatto sociale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN). L’analisi non si concentra esclusivamente su quanto il museo contribuisce in termini di visitatori e introiti finanziari attratti sul territorio — che pure sono indicatori in crescita sia precedentemente che in seguito alla crisi pandemica. La valutazione punta l’attenzione sui meccanismi di cambiamento del contesto, esplorando la capacità del Museo di mobilitare relazioni collaborative e di innovare il contenuto culturale delle mostre.
La relazione tra patrimonio culturale e sviluppo è stata oggetto di grande interesse negli ultimi 20-30 anni. Diversi canali attraverso i quali questo legame funziona e differenti prospettive sull’argomento continuano ad essere esplorati e la letteratura recente ci aiuta nella comprensione di questi temi anche con libri che ci avvicinano ai meccanismi virtuosi che trasformano il patrimonio culturale in un volano di sviluppo. Cinque titoli di recente pubblicazione rappresentano tasselli importanti per la composizione del quadro complessivo.
Il patrimonio culturale, se adeguatamente valorizzato, può rappresentare un motore di sviluppo locale. Mettere la cultura al centro di politiche dedicate allo sviluppo significa puntare ad investire sulle specificità locali, sulle potenzialità delle risorse territoriali, sulle conoscenze, le capacità e il capitale sociale allo scopo di stimolare creatività, innovazione e progresso sostenibile. Le potenzialità del patrimonio culturale sono molteplici, come le sfide da affrontare per garantire strategie di valorizzazione lungimiranti ed efficaci.
La rivista è aperta a coloro che ritengono di avere un contributo da offrire al dibattito. La collaborazione avviene promuovendo articoli di carattere puntuale e/o gruppi di articoli coordinati su un tema. I contributi hanno una lunghezza compresa tra quattro e seimila caratteri. Per ogni richiesta di approfondimento: info@dite-aisre.it
La storia dell’ex Caserma Trieste racconta le politiche atte a riscattare quest’area abbandonata per farne un modello utile a realtà simili. Purtroppo, nel quadro geopolitico grandemente mutato, l’importanza del confine nord-orientale italiano assume un nuovo ruolo e la retrocessione dei luoghi ex-militari alle comunità locali è più così certa.
In anni recenti molti esponenti del mondo accademico e tra i policy makers si sono schierati contro la narrazione dominante che le zone marginali siano destinate ad un inesorabile destino di abbandono e lenta scomparsa. Esistono in realtà alcuni territori, che abbiamo definito ‘vibranti’, capaci di resistere alla tendenza allo spopolamento adattandosi alla loro perifericità. Comprendere quali siano gli elementi esogeni, o quali le risorse endogene su cui hanno fatto perno, diviene un importante fattore di conoscenza per chi ha la responsabilità di proporre strumenti per promuovere la coesione territoriale e ridurre le disparità territoriali.
Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.