Il populismo è una forma della politica che tende a mettere in discussione la democrazia rappresentativa. Visto dal punto di vista dell’urbanistica si possono considerare due flessioni del populismo, quella che negando la pluralità delle posizioni affida la decisione al leader in un rapporto diretto con il popolo, e quella che invece affida la decisione a forme estreme di democrazia diretta, evitando qualsiasi intermediazione.
La vera partecipazione si differenzia radicalmente da entrambe le versioni del populismo; essa, infatti, concorre a formare e sviluppare legami orizzontali che sostengono e puntano a migliorare la decisione democratica.
Il populismo, definito spesso in modo dispregiativo, si manifesta come un fenomeno eterogeneo, interessando diversi contesti politici ed economici. Caratterizzato dalla contrapposizione tra "popolo puro" e "élite corrotta", il populismo attuale si distingue per la sua connessione con il neoliberismo e le sue possibili ripercussioni sull’urbanistica. Questo contributo esplora i rischi associati, come l'accentuazione delle disuguaglianze sociali, la deroga alle normative urbanistiche e l’erosione della democrazia partecipativa, proponendo un rinnovato coinvolgimento dei cittadini come antidoto alle politiche di esclusione.
L'introduzione del contributo d'accesso per i turisti a Venezia ha avuto un effetto boomerang, aggravando i problemi esistenti. Questo intervento, pensato per gestire la pressione turistica, si è rivelato inefficace e controproducente. Venezia, simbolo dell'overtourism, ha visto peggiorare il tessuto sociale e produttivo, con disuguaglianze amplificate e residenti penalizzati. La vera soluzione richiede un futuro economico sostenibile e una regolamentazione più rigorosa del settore turistico, superando l'attuale modello predatorio.
La crescente mobilità studentesca, combinata con le difficoltà economiche delle famiglie e l’insostenibilità del mercato delle locazioni, proprio nelle città universitarie dove si concentra il maggior numero di studenti fuori sede, richiama l’urgenza di un allineamento strategico tra tutti i livelli di governo, le università e gli operatori immobiliari per porre al centro l’analisi del bisogno abitativo che non trova soddisfazione sul mercato, così come l’individuazione di una molteplicità di strumenti ai quali assegnare risorse per garantire il diritto all’abitare come componente del diritto allo studio
Alla luce delle imperfezioni del mercato immobiliare, intense in Italia date le specificità del patrimonio abitativo e le ampie lacune statistiche, interventi per un migliore accesso ai servizi abitativi si articolano sulla mitigazione delle asimmetrie informative alla base dell’esclusione dalla proprietà della casa e, soprattutto, sull’estensione del mercato delle locazioni così da ridurre il disagio di chi, soprattutto giovani, non eredita oppure non può permettersi l’acquisto di una abitazione.
L’articolo espone alcune riflessioni sull’incremento dei canoni di locazione residenziali, soffermandosi sulle cause strutturali e su alcuni fenomeni contingenti.
Strutturalmente, il mercato italiano è scarsamente sviluppato, con un’offerta ridotta, di bassa qualità e frazionata tra privati, nonché con la pressoché totale assenza di investitori professionali.
Recentemente si è osservata una riduzione dell’offerta, con l’uscita dal mercato degli immobili venduti per la ristrutturazione e per un cambiamento delle preferenze degli investitori verso le locazioni brevi, favorite dalla ripresa del turismo e dalle aspettative di inflazione. Inoltre, vi è una nuova domanda di locazione di lungo periodo per la maggiore difficoltà nell’acquisto, dovuta all’aumento dei tassi dei mutui.
Gli ‘streets experiments’ sono interventi temporanei di modifica delle forme d’uso di uno spazio urbano, già destinato alla mobilità e convertito, parzialmente o totalmente, a spazio pubblico multifunzionale, prevalentemente pedonale. Riconducibili nell’ambito dell’urbanistica tattica queste sperimentazioni, proliferate soprattutto negli ultimi due anni durante la pandemia di Covid-19, sono in grado di dar luogo a spazi pubblici con budget molto ridotti e, nel medio termine, contribuire a modificare stili di vita e comportamenti orientandoli verso scelte di mobilità più sostenibile alla scala urbana. Ma quali fattori incidono su questi impatti e a quali costi?
La mobilità quotidiana costituisce un fattore di rafforzamento o di contrasto delle disuguaglianze e di inclusione sociale, in particolare in contesti di elevata rilevanza formativa come quelli universitari. I dati raccolti dall'indagine nazionale sulla mobilità sistematica attiva (a piedi e in bicicletta) nelle università italiane del 2020 della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile mostrano importanti differenze nelle scelte modali delle popolazioni universitarie (studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo) che suggeriscono l’attivazione di politiche mirate di mobilità sostenibile.
Il patrimonio culturale, se adeguatamente valorizzato, può rappresentare un motore di sviluppo locale. Mettere la cultura al centro di politiche dedicate allo sviluppo significa puntare ad investire sulle specificità locali, sulle potenzialità delle risorse territoriali, sulle conoscenze, le capacità e il capitale sociale allo scopo di stimolare creatività, innovazione e progresso sostenibile. Le potenzialità del patrimonio culturale sono molteplici, come le sfide da affrontare per garantire strategie di valorizzazione lungimiranti ed efficaci.
La rivista è aperta a coloro che ritengono di avere un contributo da offrire al dibattito. La collaborazione avviene promuovendo articoli di carattere puntuale e/o gruppi di articoli coordinati su un tema. I contributi hanno una lunghezza compresa tra quattro e seimila caratteri. Per ogni richiesta di approfondimento: info@dite-aisre.it
La storia dell’ex Caserma Trieste racconta le politiche atte a riscattare quest’area abbandonata per farne un modello utile a realtà simili. Purtroppo, nel quadro geopolitico grandemente mutato, l’importanza del confine nord-orientale italiano assume un nuovo ruolo e la retrocessione dei luoghi ex-militari alle comunità locali è più così certa.
In anni recenti molti esponenti del mondo accademico e tra i policy makers si sono schierati contro la narrazione dominante che le zone marginali siano destinate ad un inesorabile destino di abbandono e lenta scomparsa. Esistono in realtà alcuni territori, che abbiamo definito ‘vibranti’, capaci di resistere alla tendenza allo spopolamento adattandosi alla loro perifericità. Comprendere quali siano gli elementi esogeni, o quali le risorse endogene su cui hanno fatto perno, diviene un importante fattore di conoscenza per chi ha la responsabilità di proporre strumenti per promuovere la coesione territoriale e ridurre le disparità territoriali.
Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.