Negli ultimi anni, il mondo ha attraversato cambiamenti strutturali che sarebbero stati inimmaginabili solo cinque anni fa. La nuova politica commerciale concepita dall'Unione Europea rappresenta una reazione a questi eventi. All’interno del progetto Twin Seeds, grazie a simulazioni di un modello di previsione macroeconomica della crescita regionale, chiamato MASST, è emerso che lo scenario della Nuova Politica Commerciale europea rischia di essere caratterizzato da forte eterogeneità territoriale. In particolare, questa politica rischia di condurre ad aumenti delle disparità di reddito internazionali, più che compensate da riduzioni delle disparità di reddito intra-Paese. La riduzione delle disparità regionali registrata in questo scenario sarebbe tuttavia dovuta al rallentamento delle aree forti, con una conseguente peggior performance complessiva del sistema.
La pandemia da COVID-19 e l'invasione russa dell'Ucraina hanno evidenziato la vulnerabilità dell'Unione Europea alle catene globali del valore, rilanciando il dibattito sul back-shoring per stimolare produttività e occupazione. Il progetto Twin Seeds ha mostrato tuttavia che il back-shoring non ha solo effetti positivi, in quanto può accrescere le disuguaglianze salariali, favorendo i lavoratori qualificati nelle regioni ricche e penalizzando quelli meno qualificati nelle aree svantaggiate. Il risultato è un doppio lato oscuro del backshoring: un peggioramento sia delle disparità intra sia inter regionali. Questo sottolinea la necessità di politiche redistributive in periodi di back-shoring volte a contenere le disparità regionali.
La pandemia e il conflitto in Ucraina hanno riacceso il dibattito sulla dipendenza dell'UE dalle catene globali del valore. L'approccio della ”Open Strategic Autonomy” promuove il nearshoring per rafforzare resilienza e competitività, e i dati mostrano che un beneficio di crescita esiste per le regioni coinvolte. Tuttavia, l'impatto sulle disparità territoriali è sfaccettato: nelle regioni a basso costo del lavoro il nearshoring porta una riduzione delle disuguaglianze, mentre nelle aree ad alta automazione tende ad accentuarle. Data l'eterogeneità dei territori coinvolti, le politiche di supporto al nearshoring devono considerare attentamente questi effetti per evitare un ampliamento delle disparità.
Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.
La quarta rivoluzione tecnologica è ormai una realtà, evolvendo a ritmi esponenziali mai registrati in precedenza, comportando grandi vantaggi e drastiche trasformazioni socioeconomiche. Gli investimenti contenuti richiesti dalle nuove tecnologiche permettono non solo ai grandi centri di sviluppo tecnologico ma anche alle aree periferiche di partecipare al cambiamento, con miglioramenti sulla vita sociale. Infatti, anche in regioni perifiche con quote di adozione di robot molto elevati l’effetto sulla crescita locale supera quello rilevato nelle regioni più avanzate.
Lo scenario tecnologico legato alla quarta rivoluzione industriale promette impatti radicali nell’organizzazione dei processi produttivi così come nelle scelte di localizzazione della produzione. Gli studi effettuati dimostrano che il 25% delle imprese esaminate colgono il potenziale delle tecnologie 4.0 sviluppando benefici in relazioni proficue con operatori dell’innovazione a livello territoriale. Inoltre, dalle nostre analisi emerge un ruolo significativo del territorio nei processi di adozione delle imprese. Nei distretti industriali si assiste ad un processo di adozione di quelle tecnologie 4.0 più in linea con la specializzazione produttiva.
La rigenerazione urbana valorizza la connessione tra spazio, comunità ed economia locale, promuovendo la città dei quindici minuti. Artigiani e commercianti, se competitivi e radicati nel tessuto sociale, possono contribuire a quartieri vivaci e sicuri. Tuttavia, la pressione immobiliare e la scarsa interazione con la comunità ne minacciano la sopravvivenza. Politiche mirate devono sostenere attività innovative e specializzate, rafforzando il legame tra produzione, commercio e vita urbana.
L’impatto economico del turismo nelle città è significativo. Emergono tuttavia preoccupazioni per gli effetti negativi a lungo termine, come l'overtourism e la diffusione di lavori scarsamente remunerati. Ancora, il turismo rischia di compromettere settori produttivi che letteralmente non trovano spazio nelle nostre città e di allontanare giovani e residenti. Regolamentare i flussi turistici e promuovere innovazione e sostenibilità appare dirimente per una crescita durevole sotto il profilo economico e sociale.
Il patrimonio culturale, se adeguatamente valorizzato, può rappresentare un motore di sviluppo locale. Mettere la cultura al centro di politiche dedicate allo sviluppo significa puntare ad investire sulle specificità locali, sulle potenzialità delle risorse territoriali, sulle conoscenze, le capacità e il capitale sociale allo scopo di stimolare creatività, innovazione e progresso sostenibile. Le potenzialità del patrimonio culturale sono molteplici, come le sfide da affrontare per garantire strategie di valorizzazione lungimiranti ed efficaci.
La rivista è aperta a coloro che ritengono di avere un contributo da offrire al dibattito. La collaborazione avviene promuovendo articoli di carattere puntuale e/o gruppi di articoli coordinati su un tema. I contributi hanno una lunghezza compresa tra quattro e seimila caratteri. Per ogni richiesta di approfondimento: info@dite-aisre.it
La storia dell’ex Caserma Trieste racconta le politiche atte a riscattare quest’area abbandonata per farne un modello utile a realtà simili. Purtroppo, nel quadro geopolitico grandemente mutato, l’importanza del confine nord-orientale italiano assume un nuovo ruolo e la retrocessione dei luoghi ex-militari alle comunità locali è più così certa.
In anni recenti molti esponenti del mondo accademico e tra i policy makers si sono schierati contro la narrazione dominante che le zone marginali siano destinate ad un inesorabile destino di abbandono e lenta scomparsa. Esistono in realtà alcuni territori, che abbiamo definito ‘vibranti’, capaci di resistere alla tendenza allo spopolamento adattandosi alla loro perifericità. Comprendere quali siano gli elementi esogeni, o quali le risorse endogene su cui hanno fatto perno, diviene un importante fattore di conoscenza per chi ha la responsabilità di proporre strumenti per promuovere la coesione territoriale e ridurre le disparità territoriali.
Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.