L’impatto economico del turismo nelle città è significativo. Emergono tuttavia preoccupazioni per gli effetti negativi a lungo termine, come l'overtourism e la diffusione di lavori scarsamente remunerati. Ancora, il turismo rischia di compromettere settori produttivi che letteralmente non trovano spazio nelle nostre città e di allontanare giovani e residenti. Regolamentare i flussi turistici e promuovere innovazione e sostenibilità appare dirimente per una crescita durevole sotto il profilo economico e sociale.
Il nuovo numero di DiTe riapre il dibattito sull'autonomia differenziata, dopo l'approvazione del disegno di legge 615. DiTe aveva già affrontato il tema nel numero del 5 marzo, ma ritorna sulla questione per evidenziare l'importanza del progetto riformatore e i suoi effetti potenziali. Il confronto tra la legge Calderoli del 2009 e la nuova normativa mostra tre punti chiave trascurati: autonomia tributaria, superamento della spesa storica e capacità fiscale regionale. La nuova legge, basata sulla compartecipazione ai tributi, è criticata per la mancanza di coerenza e per ignorare la necessità di perequazione e rafforzamento dell'autonomia tributaria.
L’autonomia differenziata configura una autentica “secessione dei ricchi” perché amplifica enormemente i poteri delle Regioni, pregiudicando disegno e attuazione delle politiche pubbliche nazionali e ampliando le disuguaglianze territoriali. Il trasferimento delle risorse alle Regioni è definito da commissioni stato-regione privando il Parlamento delle proprie potestà.
Il testo prende le mosse da una riflessione sugli esiti sistemici della ormai quasi venticinquennale stagione dei bonus edilizi nel nostro paese e propone alcune prospettive di innovazione di queste politiche entro una prospettiva di perequazione territoriale, redistribuzione del valore ed equità.
Il 3 aprile 2023, il mondo scientifico è rimasto attonito alla notizia della scomparsa di Roberto Camagni, pioniere negli studi dei fenomeni territoriali. La sua scomparsa rappresenta una grande perdita per le scienze regionali, come testimoniano le numerose condoglianze da colleghi di tutto il mondo. Roberto Camagni era noto per le sue nuove idee nel campo dell'interpretazione dei fenomeni territoriali e urbani, contribuendo a formulare politiche adeguate. La sua vasta carriera di ricerca ha dimostrato la sua ricchezza intellettuale e il suo stile di ricerca che coniugava teoria astratta e approccio empirico, basando l'analisi concettuale sempre su una critica costruttiva dei modelli teorici.
Roberto Camagni ha teorizzato sul ruolo attivo e propulsivo dei fattori territoriali nell'economia locale, mettendo in luce le economie di agglomerazione e l'importanza del territorio come fonte di dinamiche economiche e capacità innovative per le imprese locali. Con questo non ha mai negato, da economista rigoroso e colto qual era, la dimensione macroeconomica nell'interpretazione della crescita regionale e ha guidato la creazione del modello MASST, un modello che ha sempre dimostrato una capacità interpretativa di shock esogeni quali COVID-19 e la ripresa post-crisi del 2008 molto elevata, anticipando andamenti che sono risultati ex-post veritieri.
Negli anni '80, il GREMI è stato fondato per studiare il ruolo dello spazio nell'innovazione. Roberto Camagni è stato uno dei fondatori e ha introdotto il concetto di "milieu innovateur" per enfatizzare il ruolo dei territori nello sviluppo dell'innovazione. Ha sottolineato l'importanza dell'accesso a conoscenze esterne e delle reti di imprese per la competitività dei cluster. Uno studio sui distretti calzaturieri italiani ha confermato l'importanza dell'accesso a conoscenze esterne e dei legami territoriali. I contributi di Camagni hanno anticipato le sfide dei distretti italiani e dei cluster globali, trasmettendo l'importanza di pensare in modo innovativo alle future generazioni di studiosi.
Roberto Camagni ha contribuito in molti campi dell'economia regionale e urbana, portando sempre in considerazione le implicazioni pratiche dei suoi concetti e analisi. Era una persona appassionata che si interessava ai problemi concreti e passava rapidamente dalla teoria alla pratica. Uno dei suoi contributi più importanti riguarda la teoria del capitale territoriale, definendo gli elementi del capitale territoriale e sottolineando l'importanza della complementarietà tra di loro. Inoltre, ha dimostrato l'importanza del milieu nello sviluppo locale e ha affrontato la questione della competitività territoriale. Ha inoltre sottolineato l'importanza di politiche di coesione che coniughino efficienza ed equità.
Il patrimonio culturale, se adeguatamente valorizzato, può rappresentare un motore di sviluppo locale. Mettere la cultura al centro di politiche dedicate allo sviluppo significa puntare ad investire sulle specificità locali, sulle potenzialità delle risorse territoriali, sulle conoscenze, le capacità e il capitale sociale allo scopo di stimolare creatività, innovazione e progresso sostenibile. Le potenzialità del patrimonio culturale sono molteplici, come le sfide da affrontare per garantire strategie di valorizzazione lungimiranti ed efficaci.
La rivista è aperta a coloro che ritengono di avere un contributo da offrire al dibattito. La collaborazione avviene promuovendo articoli di carattere puntuale e/o gruppi di articoli coordinati su un tema. I contributi hanno una lunghezza compresa tra quattro e seimila caratteri. Per ogni richiesta di approfondimento: info@dite-aisre.it
La storia dell’ex Caserma Trieste racconta le politiche atte a riscattare quest’area abbandonata per farne un modello utile a realtà simili. Purtroppo, nel quadro geopolitico grandemente mutato, l’importanza del confine nord-orientale italiano assume un nuovo ruolo e la retrocessione dei luoghi ex-militari alle comunità locali è più così certa.
In anni recenti molti esponenti del mondo accademico e tra i policy makers si sono schierati contro la narrazione dominante che le zone marginali siano destinate ad un inesorabile destino di abbandono e lenta scomparsa. Esistono in realtà alcuni territori, che abbiamo definito ‘vibranti’, capaci di resistere alla tendenza allo spopolamento adattandosi alla loro perifericità. Comprendere quali siano gli elementi esogeni, o quali le risorse endogene su cui hanno fatto perno, diviene un importante fattore di conoscenza per chi ha la responsabilità di proporre strumenti per promuovere la coesione territoriale e ridurre le disparità territoriali.
Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.