Il concetto di polarizzazione del mercato del lavoro è diventato estremamente noto grazie agli studi di Katz, Autor e Acemoglu[1], i quali individuano negli Stati Uniti, già nell’ultimo decennio del secolo scorso, un marcato cambiamento nell’evoluzione della composizione dell’occupazione. Successivamente, la tendenza alla polarizzazione del mercato del lavoro è stata riscontrata anche in Europa[2].
Per polarizzazione del mercato del lavoro si intende un contemporaneo aumento dell’occupazione in lavori ad alta qualifica e alto salario e in lavori a bassa qualifica e basso salario, accompagnato da un progressivo svuotamento dei posti di lavoro a media qualifica e medio salario.
L’affermarsi delle catene del valore globale (GVC) quale forma prevalente di organizzazione della produzione e di divisione internazionale del lavoro potrebbe aver intensificato tale tendenza. Grazie alle GVC, le imprese possono ridefinire le proprie competenze e varcare i confini nazionali per stabilire reti produttive con imprese localizzate in paesi che offrono vantaggi comparati nella produzione di beni e servizi intermedi. Ciò permette loro di focalizzarsi sui segmenti di attività in cui creano maggior valore, esternalizzando le attività meno rilevanti ad imprese – spesso localizzate in paesi geograficamente distanti tra loro – che le possono svolgere in modo più efficiente.
Le imprese multinazionali svolgono spesso, anche se non in via esclusiva, il ruolo di impresa leader nelle GVC. Queste ultime sono dunque il risultato di un’integrazione verticale tra imprese che svolgono funzioni produttive diverse, tutte finalizzate alla produzione di un unico bene finale, sotto il controllo e il coordinamento di un’unica casa madre, che organizza il processo produttivo in forma sequenziale, suddividendo il lavoro tra le diverse imprese coinvolte.
Queste brevi considerazioni suggeriscono che le GVC possono incidere profondamente sulla struttura del mercato del lavoro locale. Capire se e come le GVC contribuiscono alla polarizzazione del mercato del lavoro è inoltre di fondamentale importanza per i responsabili di politica economica, affinché possano progettare strategie che mitighino gli effetti negativi e migliorino gli impatti positivi della globalizzazione.
Per analizzare l’impatto delle GVC sulla polarizzazione nel mercato del lavoro locale, nel progetto Twin Seeds[3] abbiamo innanzitutto ricostruito le reti di produzione globali create e governate dalle imprese multinazionali europee ed extra-europee. La georeferenziazione di queste informazioni ci ha permesso, da un lato, di individuare le regioni europee più coinvolte nelle GVC e, dall’altro, di identificare due diverse modalità di partecipazione in ciascuna regione: (i) le case madri, che decidono le strategie di delocalizzazione e stabiliscono quali task produttivi far realizzare all’estero; (ii) le imprese controllate dall’estero, che operano come nodi della rete produttiva globale. Questa distinzione è fondamentale perché le due modalità di partecipazione potrebbero avere effetti diversi sul mercato del lavoro.
Dall’analisi svolta sui mercati del lavoro locale, definiti a livello NUTS-2 in Europa e osservati tra il 2007 e il 2022, emerge che entrambe le modalità di partecipazione tendono ad aumentare la polarizzazione del lavoro con un’intensità simile e che l’effetto è maggiormente riscontrabile nell’aumento dell’occupazione ad alta qualifica rispetto a quella a bassa qualifica. Infatti, quando le reti globali di produzione straniere stabiliscono filiali in una regione, tendono ad aumentare la domanda di posti di lavoro altamente qualificati. Allo stesso tempo, le imprese locali che si internazionalizzano, aumentando il numero di filiali all’estero, contribuiscono alla polarizzazione del mercato del lavoro attraverso la delocalizzazione dei posti di lavoro a media qualifica, maggiormente sostituibili, verso paesi con un costo del lavoro inferiore.
Da un’analisi più approfondita emerge anche l’importanza delle istituzioni del mercato del lavoro nel moderare gli effetti della partecipazione alle reti globali di produzione. In particolare, una legislazione nazionale fortemente orientata alla protezione dell’occupazione, una maggiore sindacalizzazione e un più alto livello di centralizzazione della contrattazione salariale possono mitigare gli effetti negativi sul mercato del lavoro. Questi risultati forniscono nuove evidenze utili ad approfondire il dibattito sui vantaggi e sui costi della globalizzazione e, da una prospettiva di policy, offrono strumenti chiari per mitigare alcuni degli effetti negativi.
[1] Katz L., Autor D. (1999), “Changes in the Wage Structure and Earnings Inequality,” in Ashenfelter O., and Card D., eds., Handbook of Labor Economics, Vol. 3, Amsterdam: North-Holland and Elsevier. Acemoglu D. (1999), “Changes in Unemployment and Wage Inequality: An Alternative Theory and Some Evidence,” American Economic Review, LXXXIX: 1259–1278. Autor D., Levy F., Murnane R. (2003), The Skill Content of Recent Technological Change: An Empirical Exploration, The Quarterly Journal of Economics, Volume 118, Issue 4: 1279–1333. https://doi.org/10.1162/003355303322552801.
[2] Goos M., Manning A., and Salomons A. (2009), “Job Polarization in Europe.” American Economic Review, 99 (2): 58–63. DOI: 10.1257/aer.99.2.58.
[3] https://twinseeds.eu/