22 Febbraio, 2025

Introduzione – Città e territorio: il lascito di Roberto Camagni

Tempo di lettura: 4 minuti

3 Aprile 2023. La Comunità mondiale delle Scienze Regionali rimane attonita alla notizia della scomparsa, a soli 76 anni, di Roberto Camagni. La perdita per la disciplina è immensa. Ci lascia una persona che ha sempre voluto andare al di là delle teorie e delle interpretazioni esistenti dei fenomeni territoriali e che, grazie a questa sua curiosità intellettuale, è stato in grado di far avanzare la conoscenza nella disciplina. La Comunità mondiale delle scienze regionali si accorge all’improvviso di che cosa significhi non averlo più tra noi, come testimoniano le quarantacinque pagine del file nel quale ho raccolto le condoglianze che ho ricevuto da colleghi in tutto il mondo. Mancheranno le sue nuove idee e i suoi stimoli costanti su temi molto diversi, il cui comune denominatore è l’interpretazione approfondita dei fenomeni territoriali e urbani sui quali formulare policy adeguate al superamento dei grandi problemi territoriali, dalle disparità regionali, alla crescita e ineguaglianze a scala urbana.
Rispondendo ad un gentile invito del direttore di DiTe, ho raccolto da diversi colleghi che hanno lavorato, recentemente o nel passato, con Roberto una sintesi dell’approccio innovativo nelle tematiche care a Roberto. Non è stato un obiettivo semplice, visto il grande numero di temi trattati da Roberto nella sua pluriennale attività di ricerca. Insieme al direttore, abbiamo deciso di suddividere i numerosi contributi in due numeri, iniziando con l’economia regionale (in questo numero) e proseguendo con l’economia urbana (nel prossimo numero).
Emerge dagli scritti la ricchezza intellettuale di Roberto, e il suo stile di ricerca. Sempre interessato all’interpretazione dei fenomeni reali, Roberto rifugge dalla semplice ricerca astratta, puramente volta alla bellezza accademica dei modelli formalizzati. Con questo non ignora la teoria, l’astrazione e la formalizzazione, anzi studia i modelli teorici, li capisce a fondo, li apprezza per la loro capacità interpretativa e li critica nei loro punti deboli. Utilizza la teoria e la concettualizzazione per un approccio che sarà sempre deduttivo per tutti i fenomeni reali che analizza. Trova in questo senso il giusto equilibrio tra teoria astratta e puro approccio induttivo, e lo applica a tutti gli ambiti che studia.
Allo stesso modo, Roberto è sempre attento alle novità lanciate nel dibattito, alle nuove teorie, ai nuovi messaggi di policy che ne derivano. Tuttavia, la sua ricerca non è mai il rafforzamento di quanto qualcun altro ha già teorizzato. A Roberto piace aggiungere la sua visione, la sua critica, la sua personale prospettiva. Un solo e unico esempio, per capirsi. All’euforia generale a livello mondiale che ha accompagnato la Nuova Geografia Economica negli anni novanta, Roberto riesce a trovare e sottolineare il grande salto avanti che Paul Krugman e la sua scuola operano nel concettualizzare le economie di agglomerazione, nella forma di rendimenti crescenti, in modelli di crescita locale, ma anche a sottolineare con forza (a dispetto di quanto fatto dalla maggior parte degli economisti regionali, che si ritrova acriticamente nella novità del momento) il limite di questa teoria che confina nuovamente lo spazio a semplice contenitore di uno sviluppo, privandolo della ricchezza degli elementi territoriali che gli economisti regionali avevano sviluppato. In un momento di grande successo ottenuto da Paul Krugman (già vincitore del premio Nobel in economia), Roberto scrive un saggio che fa epoca, nel quale dimostra come l’economista americano si sbagli a sostenere che le regioni competono sulla base del vantaggio comparato, e che invece, a livello sub-nazionale, valga il principio del vantaggio assoluto. Una differenza questa con importanti ricadute di policy. Un approccio di vantaggio comparato toglierebbe infatti qualsiasi significato alle politiche regionali, ampiamente giustificate invece in una logica di vantaggio assoluto.
Infine, Roberto rifugge dalla ricerca astratta fine a sé stessa. Ama i modelli teorici per la loro stretta logica formale, tuttavia non li interpreta come il fine ultimo, ma come utili strumenti per l’interpretazione dei problemi territoriali. E’ amante di analisi quantitative rigorose, attraverso modelli scenariali e di impatto che ama costruire ex-novo insieme al suo gruppo. Come ricordano Kai Böhme e Peter Mehlbye (quest’ultimo per anni direttore del programma ESPON) nel loro intervento che uscirà nel prossimo numero di DiTe, la partecipazione di Roberto al programma ESPON è ricordata per aver costruito due modelli “ad-hoc”, uno per la valutazione dell’impatto territoriale (TEQUILA) e uno di costruzione di scenari territoriali (MASST) che hanno fatto epoca.
Città e territorio sono i due ambiti nei quali Roberto si muove con maestria regalando, come emerge dagli scritti, idee nuove e interpretazioni convincenti. Con un occhio attento e sempre vigile alle novità della letteratura, Roberto si inserisce nel dibattito in questi due ambiti arricchendoli di definizioni chiare, spesso operazionalizzabili, lasciate fumose in letteratura (come il caso della sostenibilità urbana, della coesione territoriale, della competitività regionale), e di interpretazioni concettuali capaci di spiegare in modo efficace i fenomeni urbani e regionali su cui sviluppare chiari suggerimenti di policy. Il tutto accompagnato da uno stile personale e umano che conquista facilmente chi lo ascolta e lo legge. Lascio il lettore immergersi negli scritti così da capire meglio le mie parole, e scoprire l’immenso lascito di Roberto. Personalmente, mi mancherà molto sul piano scientifico, ma ancor più su quello umano.

Articoli correlati

I vantaggi economici e sociali del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane

Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.

Industria 4.0: una opportunità solo per aree avanzate?

La quarta rivoluzione tecnologica è ormai una realtà, evolvendo a ritmi esponenziali mai registrati in precedenza, comportando grandi vantaggi e drastiche trasformazioni socioeconomiche. Gli investimenti contenuti richiesti dalle nuove tecnologiche permettono non solo ai grandi centri di sviluppo tecnologico ma anche alle aree periferiche di partecipare al cambiamento, con miglioramenti sulla vita sociale. Infatti, anche in regioni perifiche con quote di adozione di robot molto elevati l’effetto sulla crescita locale supera quello rilevato nelle regioni più avanzate.

La trasformazione digitale delle imprese e il ruolo del territorio

Lo scenario tecnologico legato alla quarta rivoluzione industriale promette impatti radicali nell’organizzazione dei processi produttivi così come nelle scelte di localizzazione della produzione. Gli studi effettuati dimostrano che il 25% delle imprese esaminate colgono il potenziale delle tecnologie 4.0 sviluppando benefici in relazioni proficue con operatori dell’innovazione a livello territoriale. Inoltre, dalle nostre analisi emerge un ruolo significativo del territorio nei processi di adozione delle imprese. Nei distretti industriali si assiste ad un processo di adozione di quelle tecnologie 4.0 più in linea con la specializzazione produttiva.

Gli artigiani nella città che si rigenera

La rigenerazione urbana valorizza la connessione tra spazio, comunità ed economia locale, promuovendo la città dei quindici minuti. Artigiani e commercianti, se competitivi e radicati nel tessuto sociale, possono contribuire a quartieri vivaci e sicuri. Tuttavia, la pressione immobiliare e la scarsa interazione con la comunità ne minacciano la sopravvivenza. Politiche mirate devono sostenere attività innovative e specializzate, rafforzando il legame tra produzione, commercio e vita urbana.

Backshoring: una vera strategia di rilancio per le regioni Europee?

Il backshoring si configura come una strategia chiave per il rilancio dell’economia europea, e a sostegno delle criticità dell’economia europea evidenziate dal Rapporto Draghi (2024). All’interno del progetto Horizon TWIN SEEDS sono state sviluppate molte analisi volte alla comprensione dell’impatto del backshoring sulle dinamiche occupazionali, sulla crescita e sulle disparità regionali. Il risultato è molto chiaro: il rientro delle attività industriali in Europa favorisce crescita e occupazione in modo territorialmente disomogeneo, un processo che porta ad un deterioramento della disparità tra regioni e, all’interno di esse, della distribuzione del reddito tra gruppi di individui e tra fattori produttivi. Il rischio di accentuazione delle disuguaglianze rende imprescindibile l’adozione di politiche di supporto volte a mitigare gli effetti negativi e a garantire una transizione equilibrata.