La finanziarizzazione in ambito urbano è spesso associata al settore residenziale, con particolare attenzione a questioni come la crisi dei mutui subprime e l’impatto degli investimenti sulla precarietà abitativa. Tuttavia, la presenza della finanza si estende in modo pervasivo anche ad altri settori dell’ambiente costruito, come residenze temporanee, uffici, strutture ricettive, RSA e altri ambiti che attirano l’interesse degli investitori.
Questa analisi, però, riflette una prospettiva influenzata dal methodological cityism, ovvero la tendenza a equiparare l’urbano alla città intesa come spazio densamente popolato e dominato da funzioni residenziali. Risulta necessario ampliare questa visione, concentrandoci su una categoria apparentemente periferica rispetto alla città in senso stretto, ma cruciale per il metabolismo urbano: i magazzini logistici.
Gli hinterland logistici, infatti, rappresentano un elemento centrale di quelli che Brenner e Katsikis (2020) definiscono “paesaggi operazionali”, componenti essenziali dell’urbanizzazione planetaria che caratterizza la contemporaneità.
La logistica si è dimostrata, negli ultimi decenni, un settore d’investimento immobiliare molto attrattivo. Con la crescita del commercio globale, l’estensione delle catene globali di produzione e, più recentemente, l’esplosione del mercato dell’e-commerce, la logistica è passata dall’essere una mera funzione ancillare della produzione industriale a costituire un settore a sé stante. Il mercato finanziario ha visto nella domanda di magazzini un’occasione d’oro per impiegare i capitali: solo in Italia, gli investimenti in immobiliare logistico sono cresciuti esponenzialmente dai 100 milioni di euro del 2010 ai 2,6 mld nel 2022 (PwC, 2023, p. 33).
Per confronto, il totale degli investimenti immobiliari è ‘solamente’ triplicato: nel 2010 superava di poco i 4 miliardi di euro, mentre nel 2022 toccava i 12 mld (PwC, 2023, p. 29). La logistica presenta caratteristiche ideali per investimenti sicuri e a lungo termine: i contratti di locazione sono piuttosto lunghi, dai sei anni in su, e in caso di recesso anticipato la domanda resta alta, dato che si tratta di un servizio basilare per la produzione e il consumo, e meno soggetta a ‘bolle’.
La trasformazione dell’immobiliare logistico in un asset finanziario ha dato una chiara impronta alle caratteristiche localizzative e costruttive degli stessi. Innanzitutto, la gran parte degli sviluppi viene costruita come build-to-rent, vale a dire come immobili a reddito, per cui diventa prassi che i magazzini vengano affittati e non venduti alle aziende. Quando la disponibilità di terreno lo permette, vengono sviluppati dei poli logistici di ampia metratura e dalle caratteristiche costruttive standardizzate, in modo da risultare il più possibile versatili per qualsiasi cliente e facilmente rimodulabili nel momento in cui ci fosse un cambio di conduttore. Specie i nuovi sviluppi si fregiano di certificazioni ESG per rispettare i criteri d’investimento da un lato e gli standard dei conduttori dall’altro.
Oltre alle caratteristiche più concrete dei magazzini, è peculiare la geografia degli investimenti nella logistica. Secondo i professionisti del settore, in Italia la percentuale di capitali stranieri raggiunge il 90%. Se fino a poco più di un decennio fa si trattava di un settore considerato molto specialistico, la logistica è ormai sdoganata tra gli investitori generalisti ed è parte del portafoglio di investitori istituzionali, fondi sovrani, assicurazioni, fondi pensione, ecc. La gestione di questi patrimoni è in mano a un insieme ridotto di operatori specializzati: le due principali società di gestione del risparmio (SGR) specializzate in logistica, Kryalos e Prelios, controllano da sole il 25% del mercato.
Per quanto riguarda la mediazione, sono le cosiddette Big Four multinazionali del settore immobiliare (CBRE, Colliers, Cushman & Wakefield, JLL) a dominare il mercato insieme a un paio di agenzie italiane, DILS e World Capital. Anche il panorama dei general contractor e della progettazione è relativamente ridotto. La caratteristica comune di questa sorta di oligopolio è di essere concentrato nella global city italiana, Milano. È attraverso il punto di contatto con il capitalismo globale che i fondi internazionali possono trovare occasione d’investimento negli apparentemente lontani, ma prossimi da una prospettiva di metabolismo urbano, hinterland logistici.
La crescita degli hinterland logistici, tuttavia, non avviene grazie alla sola pressione degli operatori di mercato appena elencati. Questi ultimi, infatti, trovano una sponda importante negli attori del territorio, privati o pubblici che siano. Sono spesso le amministrazioni locali e i corpi intermedi, come fondazioni e lobby del mondo industriale, a facilitare gli investimenti. La logistica è vista come un’occasione di sviluppo o di rilancio in contesti territoriali messi in difficoltà dalla deindustrializzazione, nonché un settore con requisiti relativamente semplici da soddisfare: è sufficiente che la località sia a distanza ragionevole dalle aree di produzione e consumo e abbia una buona accessibilità alle infrastrutture di trasporto. In un Paese fortemente urbanizzato come l’Italia, sono condizioni semplici da soddisfare. Uno sviluppo logistico è, innanzitutto, un notevole investimento immobiliare con l’indotto che ne deriva. Dal punto di vista delle amministrazioni locali, poi, la logistica ha un valore monetario diretto, nella forma di entrate per i bilanci comunali, e un valore politico, perché porta occupazione ed eventuali altri vantaggi, come la realizzazione di infrastrutture viarie o altre opere pubbliche che i comuni non avrebbero i mezzi per costruire.
Vista attraverso la logistica, la finanziarizzazione si mostra come un fenomeno transcalare, che raggiunge spazi e mobilita attori in profondità nel territorio, spingendosi molto oltre gli spazi abitualmente associati al mondo degli investimenti. È un fenomeno pervasivo e accelerato dalle spinte del mercato, che le istituzioni pubbliche inseguono a fatica, tanto più in una situazione storicamente frammentata come quella della pianificazione in Italia. Diverse regioni hanno diverse normative, e l’interesse o meno di ogni comune ad attrarre insediamenti logistici porta a una geografia disorganica che non fa l’interesse dei territori. È cruciale, innanzitutto, lavorare a un quadro pianificatorio più coordinato su una scala (macro)regionale, in modo da rispondere alla pressione degli investimenti con una visione più chiara dello sviluppo del settore. È opportuno anche riflettere sulle ragioni che portano l’insieme degli attori coinvolti a promuovere lo sviluppo della logistica, con particolare attenzione alla sfera istituzionale, indagando come aspetti puramente economici s’intrecciano con interessi politici e visioni dello sviluppo territoriale. È ricostruendo la geografia degli hinterland logistici e quella dei suoi attori che si può apprezzare la complessità del ruolo della finanza nel settore.
Ulteriori approfondimenti
- Brenner N. e Katsikis N. (2020). Operational Landscapes: Hinterlands of the Capitalocene. Architectural Design, 90(1), 22–31. DOI:10.1002/ad.2521
- PwC. (2023). Real Estate Market Overview | Italy.
- Progetto di ricerca PRIN “Tracking-IT – New Italian Geographies of Logistics”