9 Marzo, 2025

La spesa dei comuni per i servizi sociali: trend e divari territoriali

Tempo di lettura: 5 minuti

Elaborando gli ultimi dati del Sistema Conti Pubblici Territoriali aggiornati al 2021, è possibile affermare che la spesa pubblica italiana per la sanità è pari a 2.179 euro pro capite, mentre per gli interventi in campo sociale si attesta a 1.474 euro per abitante. L’oggetto del presente articolo è una parte di queste spese, ossia la quota di risorse spese dai comuni per i soli servizi sociali al 2020, ultima annualità per la quale sono disponibili i dati Istat.

Di fatto i comuni sono responsabili degli interventi e dell’offerta di servizi socio-assistenziali destinati ai propri cittadini e nel 2020 la loro spesa per tale funzione raggiunge i 7,85 miliardi di euro, pari allo 0,47% del PIL, il 4,3% in più rispetto al 2019 e il 14,4% in più rispetto al 2013 (Figura 1). 

L’aumento significativo registrato nel 2020 è giustificato dalla necessità di fronteggiare i nuovi bisogni assistenziali derivanti dall’emergenza sanitaria esplosa con il Covid-19 e della conseguente crisi economica e sociale. 

Figura 1 Spesa dei comuni per i servizi sociali (miliardi di euro), 2013-2020 Fonte: elaborazioni IFEL-Ufficio Studi e Statistiche Territoriali su dati Istat, 2012-2020

A livello pro capite si tratta di 132 euro di spesa comunale per i servizi sociali (nel 2013 il dato si attesta a 114 euro per abitante) con differenze molto ampie a livello di ripartizione geografica (Figura 2): nel Mezzogiorno la media è pari a 87 euro, circa la metà dei 161 euro registrati al Nord. 

I divari a livello territoriale appaiono strutturali, con un Nord sempre al di sopra del resto del Paese, un Centro che insegue ed un Mezzogiorno perennemente in affanno, con valori mai superiori agli 80 euro pro capite, ad eccezione proprio dell’ultimo anno.

In particolare, scendendo a livello regionale, si riscontrano dati davvero eterogenei: dai 28 euro pro capite della Calabria ai 413 euro per abitante del Trentino-Alto Adige (Figura 3).

Tra le regioni del Mezzogiorno spicca la Sardegna che, con 283 euro di uscite per cittadino, è seconda a livello nazionale.

Figura 2 – Spesa dei comuni per i servizi sociali (euro pro capite), per ripartizione geografica, 2013-2020 Fonte: elaborazioni IFEL-Ufficio Studi e Statistiche Territoriali su dati Istat, 2013-2020
Figura 3 – Spesa dei comuni per i servizi sociali (euro pro capite), per regione, 2020 Fonte: elaborazioni IFEL-Ufficio Studi e Statistiche Territoriali su dati Istat, 2023

Nel 2020 il 36% della spesa dei comuni per i servizi sociali è utilizzata per interventi e servizi, il 32% viene assorbita dalle strutture, mentre la restante parte (31%) è costituita dai trasferimenti in denaro. Tale composizione percentuale è piuttosto stabile negli anni ma fino al 2019, perché nel 2020 si registra un balzo improvviso della spesa erogata sotto forma di trasferimenti in denaro, aumentati rispetto all’anno precedente del 22,7%, attestandosi a 2,46 miliardi di euro (Figura 4). 

Figura 4 – Spesa dei comuni per i servizi sociali (miliardi di euro), per tipologia di spesa, 2013-2020. Fonte: elaborazioni IFEL-Ufficio Studi e Statistiche Territoriali su dati Istat, 2013-2020

Nel periodo analizzato, ossia il 2013-2020, le spese dei comuni per i servizi sociali hanno un andamento differente anche in base all’area di utenza alla quale sono indirizzati.

Come prima anticipato, a livello complessivo la variazione percentuale della spesa è pari al 14,4%, ma oscilla da un minimo del -33,5% nel caso delle dipendenze da alcol e droga, fino ad un massimo di circa il +95% per la povertà ed il disagio di adulti e senza dimora. La spesa per tale categoria di utenti non è cresciuta progressivamente come avvenuto per gli immigrati, i Rom, i Sinti e i Caminanti, ma è balzato improvvisamente a 959 milioni di euro nel 2020, quasi raddoppiando rispetto all’anno precedente (Tabella 1). 

Si rileva, inoltre, un preoccupante decremento della spesa per anziani pari al -7,1% nel periodo di tempo esaminato, un dato in controtendenza con il progressivo invecchiamento della popolazione in Italia. Il nostro Paese si caratterizza, infatti, per una struttura anagrafica di tipo regressivo (quando il numero di anziani supera quello dei giovani), basti pensare che nel 2023 si contano 14 milioni di over65, il 24,1% della popolazione totale in Italia, destinati a crescere secondo le stime Istat fino al 33% del totale della popolazione che vivrà nel nostro Paese nel 2065.

Tabella 1 Spesa dei comuni per i servizi sociali (milioni di euro), per area di utenza, 2013-2020
Area di utenza20132014201520162017201820192020Var. % 2013/2020
Famiglia e minori2.6842.6692.6702.7322.7632.8372.8602.8988,0%
Disabili1.7241.7421.7611.7961.8752.0052.0871.96313,9%
Dipendenze3229262725252321-33,5%
Anziani (65 anni e più)1.3411.3591.2771.2391.3041.2881.2671.245-7,1%
Immigrati, Rom, Sinti e Caminanti20024728233934835233033768,2%
Povertà, disagio adulti e senza dimora49248851353553656355595995,0%
Multiutenza3903863833873984014014258,9%
Totale6.8636.9196.9127.0557.2487.4727.5227.84814,4%
Fonte: elaborazioni IFEL-Ufficio Studi e Statistiche Territoriali su dati Istat, anni vari

*Il lavoro riflette esclusivamente le opinioni degli autori senza impegnare la responsabilità dell’Istituzione di appartenenza.

Ulteriori approfondimenti

IFEL e Federsanità (2023), Salute e territorio. I servizi socio-sanitari dei Comuni italiani – Rapporto 2024.
ISTAT (2023) – Istituto Nazionale di Statistica Italiana
ISTAT, Indicatori demografici e Scenari demografici

Articoli correlati

I vantaggi economici e sociali del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane

Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.

Industria 4.0: una opportunità solo per aree avanzate?

La quarta rivoluzione tecnologica è ormai una realtà, evolvendo a ritmi esponenziali mai registrati in precedenza, comportando grandi vantaggi e drastiche trasformazioni socioeconomiche. Gli investimenti contenuti richiesti dalle nuove tecnologiche permettono non solo ai grandi centri di sviluppo tecnologico ma anche alle aree periferiche di partecipare al cambiamento, con miglioramenti sulla vita sociale. Infatti, anche in regioni perifiche con quote di adozione di robot molto elevati l’effetto sulla crescita locale supera quello rilevato nelle regioni più avanzate.

La trasformazione digitale delle imprese e il ruolo del territorio

Lo scenario tecnologico legato alla quarta rivoluzione industriale promette impatti radicali nell’organizzazione dei processi produttivi così come nelle scelte di localizzazione della produzione. Gli studi effettuati dimostrano che il 25% delle imprese esaminate colgono il potenziale delle tecnologie 4.0 sviluppando benefici in relazioni proficue con operatori dell’innovazione a livello territoriale. Inoltre, dalle nostre analisi emerge un ruolo significativo del territorio nei processi di adozione delle imprese. Nei distretti industriali si assiste ad un processo di adozione di quelle tecnologie 4.0 più in linea con la specializzazione produttiva.

Gli artigiani nella città che si rigenera

La rigenerazione urbana valorizza la connessione tra spazio, comunità ed economia locale, promuovendo la città dei quindici minuti. Artigiani e commercianti, se competitivi e radicati nel tessuto sociale, possono contribuire a quartieri vivaci e sicuri. Tuttavia, la pressione immobiliare e la scarsa interazione con la comunità ne minacciano la sopravvivenza. Politiche mirate devono sostenere attività innovative e specializzate, rafforzando il legame tra produzione, commercio e vita urbana.

I rischi di una crescita trainata dal turismo per il futuro del Nord Est

L’impatto economico del turismo nelle città è significativo. Emergono tuttavia preoccupazioni per gli effetti negativi a lungo termine, come l'overtourism e la diffusione di lavori scarsamente remunerati. Ancora, il turismo rischia di compromettere settori produttivi che letteralmente non trovano spazio nelle nostre città e di allontanare giovani e residenti. Regolamentare i flussi turistici e promuovere innovazione e sostenibilità appare dirimente per una crescita durevole sotto il profilo economico e sociale.