2 Aprile, 2025

La spesa per missione degli enti territoriali

Tempo di lettura: 4 minuti

Il presente lavoro introduce un’analisi dettagliata della spesa per missioni relativa agli enti territoriali (regioni, comuni, province e città metropolitane) con riferimento al periodo 2019-2021. La fonte dei dati è costituita dagli schemi di bilancio c.d. ”armonizzati”, introdotti con il D.Lgs. 118/2011, così come modificato dal D.Lgs. 126/2014 al culmine di un lungo processo che ha avuto inizio con la riforma della contabilità pubblica (Legge n. 196/2009) e della riforma federale prevista dalla Legge n. 42/2009. In particolare per i comuni, le province e le città metropolitane i dati analizzati sono acquisiti dall’Istat mediante l’archivio BDAP (Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche) accessibile agli utenti tramite il portale denominato OpenBDAP, gestito dal Ministero dell’economia e delle finanze (Mef) – Ragioneria Generale dello Stato. Per le regioni sono stati utilizzati anche i dati provenienti dalla rilevazione diretta condotta attualmente dall’Istat.

  Gli schemi di bilancio, la cui struttura viene ogni anno definita con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, consentono un’analisi dei flussi finanziari di competenza e di cassa per le entrate e le spese. A livello di maggiore dettaglio, inoltre, sono presenti i dati relativi alla spesa organizzata per missioni, programmi, titoli e macroaggregati. L’articolazione della spesa per missioni e programmi – sostitutiva della precedente suddivisione per funzioni e servizi – è stata introdotta dal legislatore al fine di consentire la comparabilità dei dati di bilancio delle diverse amministrazioni pubbliche secondo le classificazioni contenute nei regolamenti comunitari, nonché allo scopo di assicurare la trasparenza del processo di allocazione e destinazione delle risorse pubbliche.

La lettura dei conti consuntivi presenti nella Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche (BDAP) con i dati pubblicati annualmente dall’Istat permette di analizzare la composizione della spesa degli enti locali e territoriali articolata in missioni, ovvero le principali funzioni e gli obiettivi che l’ente vuole perseguire. La riforma del Titolo V della Costituzione ha trasformato alla radice l’assetto del governo territoriale e locale delegando competenza esclusiva alle regioni in materie che le rendono, almeno sulla carta, soggetti politici di governo nelle politiche economico-assistenziali, nella sanità e nei trasporti (tipologia di servizi che vengono erogati alla persona ed alla collettività). Gli enti territoriali in alcuni casi sono diventati attori attivi nelle politiche economiche e sociali, in altri hanno limitato il loro ruolo lasciando, di fatto, la gestione operativa dei servizi ad altri soggetti, trasferendo risorse verso soggetti terzi o intermediari per la gestione delle funzioni assegnate. A livello locale, i comuni, le province e le città metropolitane hanno continuato a finanziare le funzioni essenziali che potremmo definire “istituzionali” quali istruzione pubblica, gestione del territorio e pianificazione delle infrastrutture e dei servizi, tutela ambientale, campo sociale, settore dei trasporti e viabilità, utilizzando le risorse aggiuntive provenienti anche dallo Stato centrale e non utilizzando solo risorse proprie. 

Nel triennio 2019-2021 le funzioni che hanno intercettano maggiormente le risorse finanziarie disponibili non hanno subito particolari modifiche, se non relativamente agli importi in valore assoluto. 

Per quanto riguarda le regioni (Roberta Di Stefano, 2023), la componente maggiore è stata utilizzata per sostenere la spesa sanitaria, che ha interessato in media il 70% della spesa totale. Le uniche altre due missioni che hanno mostrato dati percentuali superiori al 5% delle risorse totali sono state Servizi istituzionali, generali e di gestione e Trasporti e diritto alla mobilità.

Per quanto riguarda, invece, i comuni (Domenico Passante, 2023) sono stati i Servizi istituzionali, generali e di gestione a registrare gli importi più elevati. A seguire, Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente, Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, Trasporti e Diritto alla mobilità, Sviluppo economico e competitività e Soccorso civile.

Anche le province (Simone Cavatorta, 2023) hanno destinato le proprie risorse principalmente a Servizi istituzionali, generali e di gestione, Trasporti e diritto alla mobilità e Istruzione e diritto allo studio. Analoga distribuzione viene rilevata per le città metropolitane (Domenico Passante, 2023). 

A livello di ripartizione regionale, però, i comportamenti di spesa degli enti locali sono risultati abbastanza diversificati, in particolare per i settori riguardanti la gestione generale dell’ente, la garanzia del diritto al trasporto e, in misura minore, l’istruzione pubblica.

Ulteriori approfondimenti 

Istat (2023), I bilanci consuntivi dei comuni. Anno 2021, Giugno 2023

Istat (2023), I bilanci consuntivi delle province e città metropolitane. Anno 2021, Giugno 2023

Istat (2023), Bilanci consuntivi delle Regioni e Province autonome. Anno 2021 (dati definitivi), Maggio 2023

Istat (2021), Finanza locale: entrate e spese dei bilanci consuntivi (comuni, province e città metropolitane). Anno 2019, Ottobre 2021

MEF – https://openbdap.rgs.mef.gov.it/

Articoli correlati

Quali scenari di crescita per le regioni Europee grazie alla nuova politica di commercio internazionale?

Negli ultimi anni, il mondo ha attraversato cambiamenti strutturali che sarebbero stati inimmaginabili solo cinque anni fa. La nuova politica commerciale concepita dall'Unione Europea rappresenta una reazione a questi eventi. All’interno del progetto Twin Seeds, grazie a simulazioni di un modello di previsione macroeconomica della crescita regionale, chiamato MASST, è emerso che lo scenario della Nuova Politica Commerciale europea rischia di essere caratterizzato da forte eterogeneità territoriale. In particolare, questa politica rischia di condurre ad aumenti delle disparità di reddito internazionali, più che compensate da riduzioni delle disparità di reddito intra-Paese. La riduzione delle disparità regionali registrata in questo scenario sarebbe tuttavia dovuta al rallentamento delle aree forti, con una conseguente peggior performance complessiva del sistema.

Il doppio lato oscuro del back-shoring

La pandemia da COVID-19 e l'invasione russa dell'Ucraina hanno evidenziato la vulnerabilità dell'Unione Europea alle catene globali del valore, rilanciando il dibattito sul back-shoring per stimolare produttività e occupazione. Il progetto Twin Seeds ha mostrato tuttavia che il back-shoring non ha solo effetti positivi, in quanto può accrescere le disuguaglianze salariali, favorendo i lavoratori qualificati nelle regioni ricche e penalizzando quelli meno qualificati nelle aree svantaggiate. Il risultato è un doppio lato oscuro del backshoring: un peggioramento sia delle disparità intra sia inter regionali. Questo sottolinea la necessità di politiche redistributive in periodi di back-shoring volte a contenere le disparità regionali.

Il nearshoring: un’opportunità per le aree meno avanzate dell’Europa?

La pandemia e il conflitto in Ucraina hanno riacceso il dibattito sulla dipendenza dell'UE dalle catene globali del valore. L'approccio della ”Open Strategic Autonomy” promuove il nearshoring per rafforzare resilienza e competitività, e i dati mostrano che un beneficio di crescita esiste per le regioni coinvolte. Tuttavia, l'impatto sulle disparità territoriali è sfaccettato: nelle regioni a basso costo del lavoro il nearshoring porta una riduzione delle disuguaglianze, mentre nelle aree ad alta automazione tende ad accentuarle. Data l'eterogeneità dei territori coinvolti, le politiche di supporto al nearshoring devono considerare attentamente questi effetti per evitare un ampliamento delle disparità.

I vantaggi economici e sociali del reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane

Il reinsediamento manifatturiero nelle aree urbane è da anni oggetto di riflessione e costruzione di politiche pubbliche in diverse metropoli globali. L’insediamento e la crescita di imprese nel campo della manifattura digitale e del nuovo artigianato sono perseguiti allo scopo di contribuire al rilancio del ceto medio correlato a nuovi processi di rigenerazione. Tale tematica chiama in causa il rapporto fra aree urbane e territori produttivi che nel caso di Milano suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy su scala nazionale.

Industria 4.0: una opportunità solo per aree avanzate?

La quarta rivoluzione tecnologica è ormai una realtà, evolvendo a ritmi esponenziali mai registrati in precedenza, comportando grandi vantaggi e drastiche trasformazioni socioeconomiche. Gli investimenti contenuti richiesti dalle nuove tecnologiche permettono non solo ai grandi centri di sviluppo tecnologico ma anche alle aree periferiche di partecipare al cambiamento, con miglioramenti sulla vita sociale. Infatti, anche in regioni perifiche con quote di adozione di robot molto elevati l’effetto sulla crescita locale supera quello rilevato nelle regioni più avanzate.