Uno dei maggiori lasciti di Roberto Camagni è il suo manuale di Economia Urbana, il primo scritto da un italiano, che inizia a formulare nell’estate 1987 e che lo impegnerà per cinque anni, come ricorda nella prefazione.
Lo muove l’insoddisfazione per il dibattito italiano, con gli economisti urbani fuori dal mainstream economico, gli economisti italiani concentrati sulla macro-economia regionale, gli urbanisti pronti a rinunciare a un corpus teorico condiviso. La letteratura internazionale dà stimolo, ma anche insoddisfazione, per le tendenze a privilegiare un unico principio teorico organizzativo di tutta la molteplicità del reale o al contrario ad assemblare risposte puntuali a specifiche questioni urbane. Lo stimolano anche i manuali stranieri, da quelli già classici di Thompson, Derycke e Mills a quelli recentissimi di Richardson, Evans e Aydalot.
Camagni vuole invece focalizzarsi non tanto sui modelli teorici fondamentali dell’analisi urbana, quanto sui principi economici rinvenibili a monte di essi, ma di rado esplicitati. A tal fine opera tre scelte di metodo:
– Separa, come già gli economisti tra Otto e Novecento, l’interpretazione teorica dalla descrizione storica e geografica;
– Separa la teoria o analisi economica dall’intervento o politica economica, quest’ultima affidata esplicitamente ad altro autore;
– Separa i fondamenti dei modelli dal loro funzionamento metodologico ed empirico, posto nelle parti successive del manuale.
Queste scelte sono tanto più di rilievo perché è noto quanto Camagni fosse dedito al dialogo tra le discipline, alla verifica empirica delle idee e alle ricadute della teoria per le politiche pubbliche. Ma era certo che queste attività non possono essere fruttuose se non sorrette da una rigorosa impalcatura teorica. Con il manuale Camagni mira alla costruzione di una cultura dei fondamenti diffusa e condivisa: non per caso, in anni di spinta formalizzazione della letteratura economica, si sforza di non eccedere, specie nella prima parte, così da essere fruibile da studenti delle più varie facoltà universitarie.
In una introduzione scritta più per i colleghi che per gli studenti, Camagni dà prova di grande lucidità. Critica i precedenti, e pur meritori, tentativi di applicare i principi dell’analisi economica all’oggetto empirico città, che rischia di essere quindi solo un contenitore geografico, perché vuole al contrario, o in aggiunta, identificare uno specifico principio spaziale valido per le analisi economiche. E’ questo infatti che manca davvero nell’analisi economica mainstream di quegli anni: il ruolo dello spazio, della distanza (non solo fisico-geografica), insomma della città nelle scelte dei soggetti economici e nelle loro prestazioni.
Stretto nel dilemma fra ridurre ad un unico principio o rinunciare a ogni generalizzazione, Camagni individua la via d’uscita nell’impiegare l’analisi economica come un metodo volto a integrare rappresentazioni nate in discipline differenti, identificando un numero limitato di principi genetici del complesso fenomeno urbano: agglomerazione, accessibilità, interazione, gerarchia, competitività.
La città esiste perché per gli uomini è utile gestire le proprie relazioni in modo spazialmente concentrato (Agglomerazione), a causa di indivisibilità che generano vari tipi di economie di scala nella produzione di beni e servizi. Da ciò, per Camagni, la rendita assoluta, che cattura i vantaggi della città come apprezzati da imprese e famiglie. Tale concentrazione trova un duplice limite nei costi di trasporto (più in generale di superamento della distanza) e nei costi di congestione frutto dell’eccessiva pressione su uno spazio finito. Ciò introduce al tema della esistenza e unicità della dimensione ottima della città: Camagni segue una via originale nel sostenere, invece di una dimensione ottima, un intervallo dimensionale ottimo e soprattutto una pluralità di intervalli ottimi, a seconda delle funzioni urbane ospitate nelle diverse città.
Lo spazio impone barriere costose al movimento di persone, merci e informazioni, il cui superamento è l’Accessibilità. Le preferenze localizzative dei singoli soggetti, influenzate dall’accessibilità, e la competizione fra essi per le scarse localizzazioni più vantaggiose fanno emergere la rendita differenziale ed esitano in scelte che cumulate strutturano lo spazio sia urbano sia regionale. Caratteristica di Camagni è l’insistenza sul legame tra preferenze localizzative di famiglie e imprese, e quindi domanda di suoli, e rendita, in contrasto con la visione supply-led prevalente in Italia. Propria di Camagni è anche una riflessione sulla natura del “centro” volta a evidenziare i criteri economici che generano una tassonomia delle attività a vocazione centrale con valenza anche normativa.
La pluralità di centralità attrattive e quindi di localizzazioni intra- e inter-urbane genera una fitta rete di relazioni bidirezionali di varia natura: il principio di Interazione esprime tali relazioni in termini di campi gravitazionali sensibili sia alla dimensione locale sia alla distanza. Rispetto al consueto utilizzo come modello di flusso, Camagni valorizza piuttosto il suo impiego come modello di potenziale, ovvero di accessibilità generalizzata, che affina la spiegazione delle scelte localizzative, della domanda di mobilità e della rendita, per una migliore pianificazione urbanistica e trasportistica.
La pluralità di insediamenti in una regione e le loro differenti dimensioni e caratteristiche si spiegano con la divisione funzionale del lavoro tra città (Gerarchia), che discende da una gerarchia di funzioni o attività fondata solo su economie di scala e costi di trasporto. Camagni propone di introdurvi la variabilità spaziale sia della domanda, sia di prezzi e produttività delle risorse, sia delle interdipendenze delle attività co-localizzate: tale sviluppo permette di passare dalla gerarchia alla rete di città, ricca di relazioni orizzontali, che era teorizzata e introdotta proprio negli anni di stesura del manuale. Di converso Camagni suggerisce spunti sul potere della metropoli come comando delle risorse e dei prezzi relativi, che anticipano la ripresa delle aree metropolitane dei decenni successivi.
La pluralità di città differenti e le loro interazioni gerarchiche e a rete aprono la via al principio di Competitività, fondato sulla distinzione tra attività per la domanda locale e attività per la domanda globale. Camagni condivide la centralità delle attività esportatrici per l’occupazione e i redditi della città, ma recuperando il ruolo dei vantaggi comparati riassegna il ruolo motore dalla domanda esterna di beni alla dotazione interna di risorse che permette di soddisfarla, anche nella sua variabilità congiunturale e strutturale, un approccio che riorienterà le politiche regionali europee.
Un’ultima lungimirante specificità di Camagni è l’attenzione agli aspetti dinamici ed evolutivi dell’economia urbana, dal ruolo dell’agglomerazione come incubatrice di innovazione, al ruolo di accessibilità e interazione nello spiegare i mutamenti nell’allocazione dello spazio urbano, al ruolo di gerarchia e competitività nei cambiamenti della divisione del lavoro inter-urbano, e di tutti e cinque nel mostrare come le dinamiche dei prezzi relativi si riversino in quelle della rendita (anche attesa) tratta dai diversi suoli.
La capacità di Camagni di legare tra loro modelli nati in discipline differenti, rivelandone con chiarezza una logica economica unitaria, foriera di nuovi sviluppi, è alla base del successo editoriale della sua visione dell’economia urbana: ne sono testimoni la rapida e diffusissima adozione come testo di riferimento degli insegnamenti territoriali (non solo economici) nelle università italiane, le traduzioni in diverse lingue straniere, e la stessa apparizione di altri manuali scritti da colleghi in anni successivi. Più importante del successo editoriale è la massa di risultati di ricerca che in trent’anni sono stati prodotti a partire o in dialogo con questo approccio.
Ulteriori riferimenti
Camagni R. (1992), Economia urbana. Principi e modelli teorici, NIS – La Nuova Italia Scientifica, Roma.
Camagni R. (1993), Principi di economia urbana e territoriale, Carocci, Roma.