Intervista di Valentina Cirilli a Isabella Inti
Nell’ampia costellazione di esperienze aggregative e culturali che contraddistingue il contesto milanese, dove si collocano gli spazi ibridi socioculturali?
A Milano sono nati negli ultimi anni diversi spazi e modalità per produrre welfare generativo, fare cultura e partecipare al rinnovamento di un patrimonio culturale materiale ed immateriale della città in continua trasformazione. All’interno della città esiste una varietà di poli, distretti e spazi culturali. Accanto agli spazi istituzionali pubblici, quali Università, musei, teatri, gallerie, biblioteche, archivi, – che recentemente stanno innovando l’offerta in termini di orari e format – ci sono spazi privati aperti al pubblico, come Fondazioni, centri di ricerca, case della cultura, e spazi espositivi, promotori della trasformazione di aree e quartieri in declino. Ci sono poi spazi in rete, diffusi in aree e distretti, che offrono temporaneamente attività culturali ed eventi pubblici in occasione di manifestazioni cittadine quali “Salone del mobile” e “Piano City”. Esistono poi altri spazi indipendenti, esito di occupazioni e di una cultura antagonista, attivi nel proporre dei palinsesti socioculturali e nel portare avanti un’azione di sperimentazione all’interno del dibattito pubblico e delle arti. Negli ultimi 10 anni sono nati a Milano, spazi ibridi multiculturali che hanno saputo rigenerare e attivare ex spazi industriali, cascine, asili, chiese, cinema, teatri, uffici, mercati, portinerie, ma anche nuove architetture capaci di catalizzare nuovi format e meticciare funzioni: è questo il caso di ciclofficine, fab-lab, case delle associazioni, spazi espositivi, co-working e ostelli, cinema e bar, librosterie, giardini-bistrò.
Come nasce la rete informale degli spazi ibridi socioculturali e quali azioni ha portato avanti in questi anni?
Nel 2020, durante la pandemia, una rete informale di 26 realtà culturali milanesi, di spazi ibridi socioculturali, ha sentito la necessità di ritrovarsi e confrontarsi, sia per mappare e conoscere la pluralità di servizi autorganizzati, parte di un welfare collaborativo di una città di prossimità, sia per far emergere le criticità nella gestione degli spazi che spesso si scontrano nella quotidianità con regolamentazioni obsolete e rigide che non accompagnano il cambiamento. Ad aprile 2021 è stato presentato al Comune di Milano e alla città, “Gli spazi ibridi di Milano. 1 Manifesto, 1 questionario, 1 mappa per la città a 15 minuti”. Un documento, esito di un percorso corale fatto dalla rete informale, contenente anche una serie di richieste finalizzate a individuare nuove soluzioni per facilitare la complessa gestione degli spazi, valorizzare e intensificare gli impatti prodotti sui territori. Siamo partiti dalla domanda “Cosa chiediamo per i nostri spazi socioculturali?”. Grazie a questo documento è stato attivato un percorso di dialogo con la pubblica amministrazione, costituito un tavolo tecnico e un tavolo politico inter-assessorile, coinvolgendo l’assessorato alla Cultura, all’Urbanistica, al Commercio e Politiche del Lavoro, al Welfare, alla Partecipazione. A settembre 2022 esce la prima Delibera nazionale (N.1231 del L 24/09/2021) grazie al Comune di Milano che riconosce gli spazi ibridi e definisce le “Linee di indirizzo per l’istituzione in via sperimentale di un elenco qualificato di luoghi di innovazione socioculturale nella città di Milano denominato Rete Spazi Ibridi”. Nasce il primo Elenco Qualificato degli spazi ibridi cittadini, una mappa di chi fa innovazione socioculturale.
Quali sono i contenuti del documento programmatico presentato al Comune di Milano e quali sono le richieste più urgenti sentite dalla rete degli spazi ibridi socioculturali?
Nel documento sono stati elaborati sette principali punti. I primi due ruotano attorno al riconoscimento di questi spazi come una funzione urbana, una nuova categoria funzionale del sistema culturale e sociale milanese, parte del Piano dei Servizi e Standard di Qualità del Piano di Governo del Territorio, e come infrastrutture di cura, parte di un welfare generativo. Essi producono servizi autorganizzati, in quanto tali sono parte di un’economia solidale, dei beni comuni di una città a 15 minuti e possano entrare a far parte del Catalogo dei servizi pubblici e privati convenzionati. Si chiede la necessità di poter contare su politiche pubbliche adeguate e flessibili alle mutevoli circostanze socio-economiche ed ambientali, ai diversi contesti di riferimento, al regime contrattuale pubblico-privato con la proprietà degli immobili, alla natura giuridica dei gestori e dei servizi fissi e temporanei erogati; l’avvio di un Tavolo interassessorile per trovare assieme gli strumenti su come facilitare e accompagnare il nostro lavoro a servizio e in collaborazione della città e per studiare e definire gli indicatori e criteri di valutazione dell’impatto socioculturale che gli spazi ibridi hanno sulla nostra città e i singoli Municipi locali di riferimento;
In secondo luogo risulta opportuna l’apertura di uno Sportello tecnico dedicato agli spazi ibridi che, avendo cura delle specificità e dei caratteri innovativi delle singole realtà, possa essere un interlocutore unico in grado di individuare percorsi autorizzativi adeguati, un supporto allo svolgimento degli iter burocratici amministrativi a cui siamo soggetti per la realizzazione delle nostre attività e servizi, una guida alla partecipazione di bandi e/o strumenti di finanziamento per lo sviluppo di nuovi progetti socio-culturali. I gestori degli spazi ibridi socioculturali chiedono e si rendono disponibili a collaborare con il Comune, nella ridefinizione e realizzazione di questa categoria del sistema integrato dei servizi sociali e culturali. Infine, il documento rilancia la disponibilità degli spazi ibridi socioculturali a svolgere servizi di welfare collaborativo concordati con la Pubblica Amministrazione, in particolare con gli Assessorati alla Cultura e Welfare e con i Municipi locali di riferimento.
Quali sono i prossimi passi per avviare un processo di co-design di politiche che coinvolga gli spazi ibridi socioculturali?
Attraverso il lavoro già avviato di ricerca-azione e grazie al workshop interdisciplinare, ai seminari internazionali e alle passeggiate pubbliche, svolti ad aprile 2022, “Città aperte e spazi ibridi socioculturali. Luoghi del welfare di comunità per la città e i territori di prossimità”, con il supporto di Fondazione Cariplo, DAStU Politecnico di Milano e un network di enti ed attivisti, è stato avviato un percorso di co-design di azioni e suggerimenti per le politiche pubbliche. In questa sede è stato aperto un tavolo di confronto locale, nazionale e internazionale. Ci siamo domandati che tipo di spazi ibridi socioculturali sono nati nelle città, in particolare a Milano, Berlino e Amsterdam, le modalità con le quali portano avanti le loro progettualità, anche cooperando con la pubblica amministrazione, e la misurazione del loro impatto. Le proposte e i temi su cui lavorare sono quelli di costruire spazi di libertà e cercare di intercettare in maniera sempre più convinta i bisogni del territorio e dei quartieri, in collaborazione con il Comune; costruire percorsi di co-progettazione e meccanismi di facilitazione per le attività proposte e andare oltre le forme di contrattualizzazione tradizionali (non più affitti calmierati), ma nuovi patti di collaborazione 2.0 che mettano al centro la dimensione della collaborazione tra pubblico e privato. Sembra che queste aspettative possano presto trovare ascolto in un nuovo percorso di co-design con il Comune di Milano, teso a promuovere degli interventi a favore degli spazi ibridi socioculturali nei primi mesi del 2024. Saper riconoscere e attivare nuovi spazi ibridi permetterà alla città di adottare nuovi strumenti di pianificazione aperta (Burkhardt, 1968; Inti, 2019), una “cassetta degli attrezzi” per promuovere spazi adattabili, flessibili e inclusivi parte di processi di trasformazione di città e territori.
Ulteriori approfondimenti
Cacciari P., “101 piccole rivoluzioni. Storie di economia solidale e buone pratiche dal basso”, Altreconomia, 2016
Inti I., “Pianificazione Aperta. Disegnare e attivare processi di rigenerazione territoriale, in Italia”, LetteraVentidue, 2019