Uno dei temi ai quali Roberto Camagni ha significativamente contribuito nella fase più avanzata della sua carriera riguarda il ruolo della variazione della qualità dei prodotti nel determinare la competitività dei territori e soprattutto, dal punto di vista delle scienze regionali, nel definire il rapporto di forza tra città e non-città.
Gli avanzamenti concettuali ottenuti da Roberto Camagni sono molto rilevanti ed ambiziosi, rispondendo a due grandi (ed ancora in parte irrisolti) paradossi della letteratura economica. Il primo è conosciuto come il “paradosso di Solow”, dal nome dell’economista Robert Solow il quale, ormai una quarantina di anni fa, ha evidenziato come le statistiche di produttività non rispecchiano il progresso tecnico apportato dalla capillare adozione di tecnologie informatiche. Il secondo paradosso è invece quello teorizzato dall’economista William Baumol, il quale, addirittura quasi sessant’anni fa, profetizza una crisi della città, causata dalla sua specializzazione in servizi “non progressivi”, ovvero non in grado di aumentare la propria produttività rispetto al settore manifatturiero.
Pur trattandosi di due temi classici, di cui lo stesso Roberto Camagni si era occupato in passato, i recenti processi di digitalizzazione ed Industria 4.0, e le loro conseguenze sulla competitività dei territori e sul ruolo delle città, li hanno riportati al centro del dibattito pubblico, non soltanto economico.
Per quanto riguarda le implicazioni per la competitività dei territori, l’adozione di tecnologie 4.0 permette alle imprese di aumentare la flessibilità produttiva, rendendole capaci di differenziare orizzontalmente i loro prodotti (ovvero personalizzarli qualitativamente) ad un costo marginale pressoché nullo. Camagni nota come questo aumento di varietà e qualità dei prodotti si traduca in un aumento di prezzo degli stessi, che tuttavia è quasi completamente trascurato qualora si usino indicatori di variazione della produttività a prezzi costanti dell’output. Nonostante tutti gli sforzi degli studi statistici per evitare questo “errore”, gli indicatori a prezzi costanti tendono ad assegnare infatti all’inflazione (dalla quale i prezzi vengono depurati) anche quell’aumento di prezzo che deriva da un miglioramento della qualità dei prodotti, e che rappresenta un’importante fonte di competitività per i territori, insieme ovviamente all’espansione della pura efficienza tecnica. Questo “errore” nei dati a prezzi costanti è ancora più evidente per le città, nelle quali si registra la maggior parte degli incrementi di qualità. Camagni risponde quindi al paradosso di Solow, suggerendo che la debole associazione empirica tra progresso tecnologico e variazione della produttività sia dovuta al fatto che quest’ultima cattura soltanto una parte dell’effetto dell’innovazione sulla competitività dei sistemi economici (Camagni et al., 2023a).
Per catturare empiricamente l’“effetto qualità”, tipicamente ignorato nelle analisi tradizionali, Camagni ha sviluppato nei suoi lavori tecniche innovative di misurazione della variazione della produttività a prezzi correnti, dai quali elimina l’effetto inflazionistico generale grazie all’utilizzo di deflatori settoriali. I risultati empirici mostrano come la capacità dei territori di competere in termini di qualità dei prodotti sia molto eterogenea nello spazio, e particolarmente concentrata nelle aree economicamente più sviluppate ed urbane.
Proprio questa eterogeneità porta a chiedersi in quale modo si svilupperanno i rapporti tra città e non-città. La crescente diffusione di tecnologie digitali, ad esempio, fa sì che molti beni e servizi possano essere prodotti e consumati da remoto ed anche in contesti non urbani, portando secondo alcuni alla “morte della distanza”, e rilanciando l’idea di Baumol di crisi della città.
Il lavoro di Roberto Camagni si inserisce in questo dibattito, proponendo una versione aggiornata e rivista del modello che lui stesso aveva sviluppato (e di cui era molto orgoglioso), insieme a Philippe Aydalot, sugli effetti redistributivi di reddito tra città e non-città. Nel modello originale, la crisi urbana non si manifestava grazie alla capacità della città di vendere alla non-città alcuni servizi tipicamente urbani (che quindi la città produce in regime monopolistico) a prezzi crescenti. Aydalot e Camagni non negavano quindi la tesi di Baumol sulla prevalenza, nei contesti urbani, di servizi non progressivi. Tuttavia, nel loro modello la crisi urbana non si verificava, ed anzi i costi della specializzazione in servizi non progressivi venivano scaricati, attraverso ragioni di scambio favorevoli, sulla non-città.
Nella versione del modello aggiornata all’era della digitalizzazione, Camagni dimostra come, malgrado le nuove tecnologie rendano progressivi diverse tipologie di servizi (si pensi ad esempio al commercio online rispetto a quello fisico), lo stesso tipo di innovazione renda possibile, a costi marginali irrisori, una diversificazione di prodotto congiuntamente ad un ampliamento del mercato. L’esempio che amava fare era quello della partita di calcio. Malgrado la “funzione di produzione” di questo servizio richieda sempre la stessa quantità e combinazione di input, la nuova tecnologia permette di raggiungere un mercato globale, diversificando il prodotto (e di conseguenza il prezzo) sulla base delle preferenze dei consumatori.
Nel suo modello, Camagni dimostra come questi servizi progressivi e “personalizzabili” sfruttano simultaneamente due vantaggi competitivi. Da un lato, l’aumento di efficienza tecnica, legato appunto al fatto di poter aumentare la loro produttività grazie alla tecnologia. Dall’altro, la possibilità di aumentare la qualità e varietà del prodotto, e quindi il prezzo, ancora grazie al progresso tecnico occorso. Dal momento che tali servizi sono prodotti tipicamente in contesti urbani, ecco che il meccanismo di “tirannia” della città sulla non-città che era stato teorizzato nel modello Aydalot-Camagni si perpetua, e l’idea di una crisi urbana viene nuovamente rigettata (Camagni et al., 2023b).
Anche in questo caso, gli avanzamenti concettuali sono stati accompagnati da analisi empiriche che, utilizzando nuovamente misure di produttività in grado di considerare anche le variazioni di prezzo derivanti da un aumento della qualità dei prodotti, confermano le ipotesi riportate qui sopra.
Il tempo ci dirà come evolverà la relazione tra città e non-città, e quale scenario, tra crisi urbana e tirannia della città, prevarrà. Ciò che è certo è che, anche in futuro, il contributo di Roberto Camagni sul tema rimarrà una preziosa chiave interpretativa per comprendere a fondo i meccanismi economici che regolano la redistribuzione spaziale del reddito.
Ulteriori riferimenti
Camagni, R., Capello, R., & Perucca, G. (2023a). Beyond productivity slowdown: Quality, pricing and resource reallocation in regional competitiveness. Papers in Regional Science (https://rsaiconnect.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/pirs.12696)
Camagni, R., Capello, R., Lenzi, C., & Perucca, G. (2023b). Urban crisis vs. urban success in the era of 4.0 technologies: Baumol’s model revisited. Papers in Regional Science (https://rsaiconnect.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/pirs.12729)