21 Novembre, 2024

I conflitti tra la sostenibilità urbana e l’accesso alla casa in Norvegia

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“La sostenibilità non è sufficiente” sosteneva, già in un articolo del 1998, Peter Marcuse, urban planner e voce di grande rilievo nella letteratura sulla giustizia sociale e sull’abitare. La sostenibilità non è sufficiente non solo perchè la protezione ambientale è in contraddizione con il sistema economico capitalistico, basato sulla continua crescita economica, ma anche perchè lavorare attivamente per la sostenibilità ambientale, non garantisce che anche obiettivi di sostenibilità sociale (inclusione, integrazione, equità) siano raggiunti.

Specialmente negli ultimi 10 o 15 anni, si è sviluppata una prolifica letteratura sulle conseguenze sociali di strategie di sviluppo urbano sostenibile. In città come Barcellona,  Copenhagen, Malmö, e Austin, per citare alcuni tra i più noti esempi, si è dimostrato che spesso la sostenibilità è per pochi, che può essere concausa di esclusione sociale, di processi di gentrificazione, e che può contribuire a spingere gradualmente (effetto “push”) i nuclei familiari con redditi meno alti ai confini urbani o al di fuori di essi.  Si è discusso come la retorica “green”, che spesso guida le politiche urbane in diversi contesti, sia spesso correlata ad indici di “affordability” (e.g., sostenibilità economica delle spese) dell’abitare e del vivere inferiori rispetto a contesti dove tale retorica ha ricevuto meno attenzione. Questo apre interessanti riflessioni sui possibili conflitti tra le dimensioni sociale e ambientale della sostenibilità urbana.

Oslo, la capitale della Norvegia, è un caso estremamente rilevante da esplorare in questa prospettiva. A partire dagli anni ’80, la città ha adottato la densificazione come principale strategia di sviluppo urbano. Questo ha significato concentrare le zone di nuovo sviluppo nelle aree già costruite, privilegiando zone centrali e semi-centrali, aree industriali dismesse e densificando attorno agli hub di connessione e trasporto pubblico. La densificazione urbana, come fondamentale strumento delle politiche ambientali locali e nazionali ha contribuito in modo sostanziale alla creazione di una Oslo verde e sostenibile, sostenitrice di una “battaglia” anti-sprawl e vincitrice dell’European Green City Award nel 2019.

Figura 1 – Area di densificazione urbana ad Oslo. @Fotografia di Rebecca Cavicchia

Come, tuttavia, questo approccio così fortemente direzionato alla sostenibilità ambientale si è accompagnato a politiche per un’offerta abitativa inclusiva?

L’immaginario comune sui paesi scandinavi è generalmente quello di sistemi di welfare social-democratici, in cui una combinazione effettiva di sostenibilità ambientale e sociale sembrerebbe possibile più che in ogni altro contesto. Tuttavia, dal punto di vista delle forme e delle politiche abitative, la Norvegia è piuttosto simile a contesti sud-Europei, come ad esempio quello italiano. La linea politica che si segue, sia al livello nazionale che locale, è quella della casa di proprietà, con il 70% di proprietari ad Oslo e circa l’80% in Norvegia. Lo stock abitativo destinato all’affitto (circa il 27%) è interamente nelle mani di privati, per lo più piccoli proprietari, e l’ housing municipale copre all’incirca il 3% dello stock complessivo. C’è da aggiungere che i criteri di accesso a questo stock sono fortemente selettivi e basati principalmente sul reddito, risultando spesso nella segregazione spaziale di gruppi particolarmente vulnerabili in parti specifiche della città.

A partire dai primi anni 2000, Oslo ha registrato una sostanziale crescita demografica (circa il 2% annuo) con un aumento di popolazione di circa 200.000 persone in 20 anni. Densificare ha significato combinare questa crescita demografica così significativa con un uso del suolo efficiente e mirato alla salvaguardia di aree naturali. Questo, tuttavia, ha contribuito ad esercitare una forte pressione sul mercato immobiliare, in cui la crescita dell’offerta abitativa, concentrata in specifiche aree della città, non è stata al passo con la crescita demografica, e i prezzi delle case hanno visto un aumento del 200% tra il 2000 e il 2018 (i prezzi di affitto sono aumentati di circa il 90% nello stesso periodo).

Alla luce di quanto detto, l’attenzione del dibattito pubblico e politico sulla tematica dell’accesso alla casa è stata particolarmente forte negli ultimi anni. Nel 2018 Eiendom Norge, organizzazione che raccoglie svariate agenzie immobiliari norvegesi, ha elaborato un indice, definito nurse index, che indica il livello di housing affordability nelle diverse città norvegesi. L’indice valuta il numero di alloggi venduti ogni anno che un’infermiera (categoria utilizzata per rappresentare la fascia di reddito mediana – circa 3.000 euro netti mensili) può permettersi di acquistare. È subito evidente dalla mappa in Figura 2 che Oslo sia la città norvegese con i più sostanziali problemi di accesso alla casa, cosa che non suscita stupore essendo Oslo non solo la capitale, ma il principale hub economico del paese. Entrando in maggiore dettaglio, un’infermiera (o simili categorie di reddito) dovrebbe risparmiare per almeno 6,5 anni in media per poter accedere ad un prestito bancario, e quindi poter acquistare un alloggio ad Oslo (è necessario essere in possesso di almeno il 15% del costo complessivo della casa).  Tale cifra, riconnettendo il problema di accesso alla casa con la tematica della sostenibilità urbana, arriva a toccare gli 8 anni nelle nuove aree di densificazione (15 anni nelle aree di densificazione più centrali e collocate lungo il waterfront urbano).

Figura 2 – Mappa con valori del nurse index nelle maggiori città norvegesi. Fonte: Eiendomsverdi 2021

In aggiunta, si è dimostrato che le nuove aree di densificazione, risultato della rigenerazione di ex aree industriali, abbiano esercitato una pressione sulle aree adiacenti determinandone un significativo aumento dei prezzi e influenzando ulteriori processi di esclusione socio-spaziale. La problematica, quindi, non riguarda solo le aree di densificazione in cui l’offerta abitativa manca totalmente di affordable housing, ma influenza altre porzioni di città a scala più ampia determinando nuove geografie urbane di disuguaglianze sociali che riguardano sia l’accesso alla casa che quello ai servizi e alle opportunità che i contesti urbani possono offrire.

Quasi il 50% dei giovani ad Oslo, ma è un trend comune in svariate città europee, devono contare sul supporto economico genitoriale (in forma di eredità, di guadagni su vendite di alloggi etc..) per poter accedere al mercato abitativo. Questo apre importanti riflessioni su diversi livelli. In primo luogo, è importante considerare implicazioni in termini di giustizia intergenerazionale. Infatti, in relazione all’accesso alla casa ed in particolare alla casa di proprietà, le disuguaglianze relative ad una distribuzione ineguale della ricchezza sono più rilevanti delle disuaguaglianze di reddito. L’importanza di queste riflessioni non concerne solo come la ricchezza è distribuita ma anche dove è distribuita al livello spaziale. Ad esempio, è stato dimostrato che i giovani i cui nonni erano proprietari di un alloggio ad Oslo negli anni 60, avevano molte più probabilità di acquistare un alloggio ad Oslo nel 2014, rispetto a coloro i cui assets residenziali familiari erano collocati al di fuori della capitale norvegese. In secondo luogo, i pattern migratori di coloro che ambiscono a passare dall’affitto alla casa di proprietà sono spesso orientati alla suburbanizzazione (questo concerne soprattutto le giovani famiglie). Dinamica questa che entra chiaramente in conflitto con l’ambizione di contenere, attraverso la densificazione, lo sviluppo urbano entro i confini della città.

Riconnettendo le riflessioni fatte sulle problematiche abitative al tema della sostenibilità urbana, è importante sottolineare che la retorica green che ha promosso la densificazione ad Oslo come ideale, praticamente indiscusso, di sviluppo urbano, non è stata accompagnata da un’attenzione sufficiente alle tematiche sociali concernenti l’accesso alla casa. Queste riflessioni non devono certo essere interpretate come un invito a rinunciare alla sostenibilità ma come uno stimolo a ripensarla in modo più inclusivo, attraverso strumenti che permettano una migliore integrazione tra obiettivi ambientali e sociali.

Ulteriori approfondimenti

  • Cavicchia R. (2022). Urban densification and exclusionary pressure: emerging patterns of gentrification in Oslo. Urban Geography, 1-23. Doi:10.1080/02723638.2022.2100174
  • Cavicchia R. (2021), Are Green, dense cities more inclusive? Densification and housing accessibility in Oslo. Local Environment, 21, 10: 1-17. Doi:10.1080/13549839.2021.1973394

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