In risposta alla pandemia, a marzo 2020 nasce l’associazione «South Working», che conia il termine, che serve per descrivere il lavoro agile da dove si desidera, e in particolare dal Sud e dalle aree marginalizzate italiane. L’associazione vuole creare un mondo del lavoro (a distanza) sostenibile, per ridurre i divari economici, sociali e territoriali tra il Sud e il Nord Italia e l’Europa. Tra gli assi portanti dell’associazione, l’Osservatorio ricopre un ruolo fondamentale per lo sviluppo delle attività. In particolare, il libro “South Working. Per un futuro sostenibile del lavoro agile in Italia”, curato da me e da Elena Militello, edito da Donzelli editore e realizzato grazie alla collaborazione di Fondazione CON IL SUD, è frutto di una riflessione collettiva che avviai nel 2020 all’interno dell’osservatorio e che coinvolge centinaia di realtà associative, d’impresa e di ricerca in Italia e all’estero.
Nella ricerca le infrastrutture digitali-tecnologiche, di mobilità e sociali risaltano per la loro importanza, in quanto elementi abilitanti per lo svolgimento del lavoro in modalità South Working. In Italia, e in particolare nei piccoli centri, spesso lontani dai poli industrializzati, si palesa la mancanza o la carenza di accesso ai servizi essenziali (mobilità su ferro, scolastici e sanitari), come già evidenziato ampiamente dalla Strategia Nazionale Aree Interne. L’infrastruttura al centro della riflessione dell’associazione e del libro è indubbiamente quella sociale, cioè quelli che ho chiamato «presidi di comunità»: infrastrutture sociali che facilitano le connessioni tra persone, idee e luoghi. Ciò include non solo l’ambiente fisico, ma anche le comunità che lo abitano. Infatti, il presidio è un luogo di inclusività per tutte le comunità diverse presenti su un determinato territorio. In particolare, i presidi valorizzano la collaborazione dal basso e le forme di mutualismo che si possono sviluppare all’interno delle comunità. Immaginiamo questi non come semplici luoghi di lavoro, diversi dall’ufficio tradizionale, ma come dei veri e propri «presidi» per le comunità locali (nuove e preesistenti). Li definisco come luoghi di partecipazione dal basso, collaborazione, innovazione, dialogo, educazione e gioco per i bambini, lettura e incontro intergenerazionale. L’obiettivo che ci poniamo nell’associazione è di aprirne di nuovi in collaborazione con le comunità locali e tutti gli stakeholder interessati al fenomeno, mapparli e renderli più accessibili, per rafforzare le comunità che il COVID-19 ha reso più fragili.
Riteniamo che la partecipazione, il lavoro e l’incontro possano essere strumenti fondamentali non solo per gli ecosistemi locali, ma anche per la creazione di nuove relazioni sul territorio, la nascita di nuovi progetti e che rappresenti una concreta possibilità di inserimento nella comunità locale per coloro che arrivano per la prima volta su un determinato territorio e per coloro che ci tornano, magari dopo molti anni passati altrove, durante i quali i rapporti personali sono andati persi in parte o del tutto. I presidi di comunità sono per loro natura polifunzionali e includono una incredibile varietà di situazioni: spazi di coworking, biblioteche, impact hub, rural hub, spazi di condivisione e di socialità, ‘nuovi’ spazi pubblici, spazi privati resi luoghi di collaborazione e condivisione, ecc. L’elenco potrebbe essere molto lungo e dipende spesso dalle caratteristiche del territorio. Tutti i luoghi con una naturale dimensione aggregativa, associativa, creativa, innovativa o ancora da scoprire sono dei potenziali presidi di comunità.
Ulteriori approfondimenti
Mirabile M., Militello E. (2022), South Working. Per un futuro sostenibile del lavoro agile in Italia, Donzelli Editore, Roma.Mappa dei presidi South working in Italia (https://www.southworking.org/mappa-dei-presidi/