L’avvento del digitale ha contribuito all’aumento di alternative ai luoghi di lavoro tradizionali, in primis ad esempio gli spazi di coworking, dove lavoratori autonomi, dipendenti e piccole imprese possono avvantaggiarsi di interazione sociale e professionale al fine di ridurre i rischi di isolamento (in particolare nel caso di lavoro a domicilio) e favorire le relazioni fiduciarie e di amicizia e nuove opportunità di business. Il coworking è, fin dalle origini, una forma di innovazione sociale: un servizio che soddisfa un bisogno sociale (la creazione di nuovi luoghi di lavoro) in modo più efficace delle alternative esistenti e che al tempo stesso favorisce la creazione di nuove relazioni e nuove collaborazioni.
I coworking possono essere: pubblici, privati, misti. Gli spazi pubblici possono essere ospitati da università, istituti di ricerca e biblioteche. In Finlandia, Norvegia, Canada, Paesi Bassi, Gran Bretagna e Australia le biblioteche pubbliche sono state trasformate in spazi multifunzionali (Mariotti et al., 2021). La possibilità di utilizzare forme di coworking nelle biblioteche in aree suburbane e periferiche consente ai lavoratori di ridurre il pendolarismo verso la grande città, così come la congestione stradale. Inoltre, in tali spazi, gli utenti possono usufruire di servizi per facilitare il bilanciamento vita privata-lavoro.
Durante la pandemia Covid-19, la necessità di alimentare il “distanziamento fisico” per ridurre al minimo le occasioni di contagio e di trasmissione del virus ha sollevato l’esigenza di cambiare anche le modalità di lavoro degli individui: molti professionisti privati e dipendenti pubblici sono stati esortati a lavorare a distanza (remote working), nella propria abitazione (First place) o, in alcuni casi, in nuovi luoghi del lavoro come gli spazi di coworking (Third place). In alcuni paesi nordici, come Norvegia e Finlandia e in Catalogna, spazi di coworkingpubblici sono presenti in aree rurali e periferiche al fine di trattenere i lavoratori ad alta qualifica, ridurre il pendolarismo verso le città, la congestione e migliorare il benessere e il bilanciamento vita privata-lavoro degli utilizzatori.
I primi spazi di coworking si sono sviluppati in Italia nel 2008. Nel 2020 Italiancoworking registrava 700 spazi nel nostro paese. Nel periodo di pandemia Covid-19 le aree suburbane e periferiche sono diventate maggiormente attrattive per questi nuovi luoghi del lavoro che possono ospitare i lavoratori (dipendenti e autonomi) fuori regione a lavorare dal Sud (south working), registrando una rinnovata attenzione delle amministrazioni locali verso questi spazi.
Il loro intervento, fin dalle origini, può essere ricondotto a tre modalità principali: le politiche del lavoro, di innovazione sociale e di sviluppo locale. La pandemia ne ha ridefinito gli equilibri. Le iniziative a sostegno del coworking orientate alle politiche del lavoro hanno assunto la forma dei voucher individuali erogati direttamente ai lavoratori, prevalentemente freelance. Le prime iniziative in questa direzione sono state assunte nel 2013 dal Comune di Milano e dalla Regione Toscana.
Un secondo filone di intervento pubblico è quello orientato all’innovazione sociale, attraverso partnership con il privato sociale. In questo caso la collaborazione pubblico-privato si gioca in termini progettuali, che vanno oltre il sostegno finanziario e spesso prevedono la gestione di spazi pubblici da parte delle associazioni. Il coworkingdiventa un servizio integrato in un’offerta più ampia, all’interno di spazi ibridi finalizzati al sostegno di iniziative orientate a obiettivi specifici ma di interesse generale: dalla conciliazione famiglia-lavoro, alla transizione ecologica, al supporto all’imprenditorialità sociale.
Un esempio è il Comune di Vimercate (MB) che ha siglato una convenzione con l’Associazione culturale Sloworking nata nel 2014, orientata alla promozione del “lavoro a ritmo di vita”, che prevede anche l’affidamento di uno spazio pubblico in disuso, che l’associazione si è impegnata a riqualificare. In questo caso, il luogo è stato interpretato come facilitatore per la community che si era già formata intorno all’associazione e alle relative progettualità. Analogamente, The Green Hub, spazio nato dalla collaborazione tra il Comune di Cava de’ Tirreni (SA) e l’Associazione Terra Metelliana ETS – Circolo Legambiente mette a disposizione le postazioni di coworking a prezzi calmierati, soprattutto per i giovani interessati all’avvio di impresa nell’ambito della sostenibilità.
Il terzo filone di intervento, più esplicitamente orientato allo sviluppo economico locale, è al centro dell’attenzione e di importanti trasformazioni a seguito della pandemia. Il primo caso è stato registrato nel 2011 a Veglio, un Comune di 500 abitanti in provincia di Biella, grazie a un finanziamento del Segretariato Permanente della Convenzione delle Alpi per combattere lo spopolamento delle aree alpine e la riduzione del pendolarismo.
Mentre gli spazi di coworking pubblico di dieci anni fa venivano promossi direttamente dall’amministrazione locale, durante la pandemia l’iniziativa è promossa da privati cittadini che condividono un interesse nella costituzione di ‘presidi di comunità’ e per questo ottengono un sostegno pubblico. I presidi di comunità sono studiati e monitorati dall’Associazione di Promozione Sociale “South Working-Lavorare dal Sud” che promuove il lavoro a distanza dal Sud in spazi di lavoro condiviso.
Il sistema bibliotecario di Vibo Valentia, per esempio, durante la pandemia ha visto aumentare i lavoratori presenti nelle proprie sale e ha deciso di dedicare uno spazio al coworking. Anche nel caso di Castelbuono, comune di 8500 abitanti in provincia di Palermo, l’iniziativa è venuta da un gruppo di lavoratori rientrati temporaneamente nel loro paese, ai quali il sindaco ha messo a disposizione spazi inutilizzati nella sede del museo naturalistico e del museo civico. Gli stessi ingredienti – spazi pubblici non utilizzati, iniziativa di lavoratori in remoto, attenzione allo sviluppo locale – si ritrovano anche a Tursi (MT), in Basilicata, dove è stato aperto un coworking in un ex convento del 1600, sede di mostre permanenti.
Gli spazi di coworking e i presidi di comunità sono immaginati, nella visione a lungo termine della proposta di South Working, come luoghi in cui stimolare l’ecosistema creativo locale e instaurare un fertile rapporto tra la comunità dei south worker e le comunità locali, depauperate nel corso dei decenni non solo in termini socioeconomici ma, anche di capitale umano a causa delle skilled migrations (Mirabile e Derito, 2020).
In questo contesto si inserisce il recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che prevede risorse che favoriscono l’espansione della banda larga, il reclutamento e la valorizzazione del capitale umano, con particolare attenzione alle donne, e lo smart working nella pubblica amministrazione. L’espansione della banda larga è una precondizione ineludibile per valorizzare misure a supporto del lavoro a distanza, della partecipazione femminile all’economia digitale e della promozione dell’imprenditoria (anche femminile), della formazione dei giovani e della digitalizzazione delle diverse fasce d’età. I benefici dei possibili investimenti nella banda larga sono la migliore conciliazione vita privata-lavoro e la modifica delle modalità di valorizzazione degli individui, privilegiando il raggiungimento degli obiettivi piuttosto che la mera presenza in ufficio. Inoltre, il PNRR prevede anche un piano di creazione di Poli Territoriali per il reclutamento, la formazione, il coworking e il lavoro a distanza, che potrebbero valorizzare l’esperienza dei presidi di comunità e degli spazi di coworking nati durante la pandemia.
Ulteriori approfondimenti
Mariotti I., Di Marino M., Akhavan M. (2021), “The emergence of coworking models in the face of pandemic”, In Bryson J.R., Lauren A., Reardon L., Ersoy A., eds., Living with Pandemics: People, Place and Policy, Edward Elgar, pp. 129-139.
Mariotti I., Pais I. (2022), Lavoro a distanza e nuovi luoghi del lavoro: il ruolo dei coworking pubblici in Italia, in Mirabile M., Militello E., a cura di, South Working. Per un futuro sostenibile del lavoro agile in Italia, Donzelli Editore, pp.81-88.
Mirabile M., Derito M. (2020). Il South Working: azioni e strumenti per le comunità, in «Urban@it», Centro nazionale di studi per le politiche urbane, 7 ottobre 2020, disponibile online.