18 Ottobre, 2024

Sulla democrazia partecipativa nei processi decisionali urbanistici

Tempo di lettura: 6 minuti

In occasione della presentazione del suo libro “Le strutture del potere” all’Università Iuav di Venezia, nel settembre 2024, Chiara Barattucci, curatrice di questo numero, ha chiesto a Sabino Cassese: “Le rigenerazioni urbanistiche sono sempre più determinate dal ‘potere di decisione’ di pubbliche amministrazioni connotate da politiche populiste intrecciate a quelle neoliberiste. In questo quadro, quale importanza attribuisce alla democrazia partecipativa e al suo possibile ‘potere di influenza’ nei processi decisionali?” La risposta di Sabino Cassese è riportata di seguito.

Voglio rispondere a partire da un esempio. Credo che tutti gli architetti e gli urbanisti sappiano quanto sia stato importante il recente Urban Transport Project della città di Mumbai, l’antica Bombay in India, la seconda città più popolosa del mondo. 

Il problema di Mumbai era che i cittadini non riuscivano a raggiungere il nord dal sud della città e viceversa. Per questa ragione era stato pensato un grande sistema di trasporto urbano che comprendeva un imponente fascio di reti ferroviarie e di reti stradali. Bisognava quindi fare a fette Mumbai, cioè tagliarla in due con un lungo sfregio nel centro. Tanto per dare un’idea, bisognava ricollocare nello spazio qualcosa come 500.000 persone distruggendo un’intera parte della città. I cittadini di Mumbai hanno allora cominciato a protestare perché c’era chi doveva spostarsi a 15 km di distanza dal luogo in cui abitava o chi avrebbe avuto distrutto il negozio o la casa. 

Né il Comune di Mumbai, né lo Stato del Maharashtra e neanche la Federazione indiana avevano una norma che stabiliva i principi di quella che viene chiamata nel mondo deliberative democracy, espressione che in italiano viene tradotta male, spiegherò tra un momento perché.

I cittadini di Mumbai però erano intelligenti, avevano dei buoni consulenti giuridici e dato che questo progetto era stato finanziato dalla World Bank, decisero di verificarne le policies. La cittadinanza scopriva così che tutte le policies della World Bank stabilivano che per ogni intervento urbano era obbligatorio consultare le popolazioni locali. Invocando quindi il rispetto di questa regola, i cittadini riuscirono a far cedere le autorità locali, perché i finanziamenti venivano dalla Banca Mondiale e non dallo Stato del Maharashtra.

Fu a quel punto che a Mumbai furono creati dei centri di informazione e partecipazione per la cittadinanza in cui varie persone proponevano e illustravano i progetti urbanistici e dove si svolgevano anche molte riunioni per studiare le alternative possibili per la collocazione territoriale di quel grande sistema infrastrutturale. È così che in India è stato introdotto il principio che chiamiamo deliberative democracy e che ha un importante ruolo anche nella terza e ultima fase del Mumbai Urban Transport Project in corso che dovrebbe concludersi nel 2031.

Richiamo l’attenzione sull’espressione deliberative democracy che in italiano non deve essere tradotta come “democrazia deliberativa” perché deliberation in inglese non vuol dire “deliberazione”, ma significa invece “dibattito”, “discussione” e “decisione” che sono cose molto diverse dalla “deliberazione” nel senso italiano della parola. Vuol dire sostanzialmente: non puoi fare qualcosa se non hai seguito un principio fondamentale,  consacrato già nel diritto americano dalla legge Administrative Procedure Act del 1946. Principio che si chiama Notice and Comment: con notice si intende “io ti informo” e comment vuol dire “io ti ascolto”.

Il potere decisionale è quindi una cosa completamente diversa dal potere solo di chi comanda perché chi comanda deve anche informare ed ascoltare. 

Nei processi decisionali negoziati della democrazia rappresentativa, il “potere di influenza” di chi è informato e ascoltato dovrebbe quindi integrare il “potere di decisione” della politica. Già alcuni anni fa precisavo che quando si parla di democrazia partecipativa, la decisione pubblica viene presa dai rappresentanti sulla base dei processi di partecipazione dei cittadini che hanno la possibilità di esprimere le proprie ragioni su un determinato tema. 

Lo scarso ricorso alla democrazia partecipativa a livello amministrativo è un problema, anche se le forme di populismo sembrano crescere in tutta Europa.  

La Francia ha una legge sulla enquête publique per permettere ai cittadini e a soggetti privati diversi di prendere parte a scelte pubbliche, mentre in Italia non c’è una legge equivalente. Noi abbiamo solo delle piccole norme sparse qui e lì, ma certo non una legge che può regolare tutte le trasformazioni urbanistiche e ambientali.

Per esempio, quando si è dovuta costruire una grande autostrada che corre lungo tutta la costa atlantica francese, ricordo che come Presidente della Commissione di Enquête publique fu nominato un mio collega ed amico che allora era professore di Scienza dell’amministrazione del diritto amministrativo all’Università di Bordeaux. Lui mi raccontò la complessità della macchina che fu messa insieme per permettere un anno e mezzo di consultazioni. 

Si trattava di un’autostrada che doveva passare nelle zone dove vi sono i vignoble più famosi del mondo, c’erano enormi interessi in tutti i comuni francesi che venivano attraversati da quell’autostrada. Si svolsero quindi molte consultazioni e alla fine si riunì la Commissione che aveva presieduto a tutte le consultazioni e che preparò un rapporto indipendente esprimendo al governo che doveva decidere, com’era giusto che fosse, le varie opzioni specificando per ognuna quali fossero i pro e i contra. Ecco, noi in Italia tutto questo non lo abbiamo. 

Quindi la prima cosa che sarebbe necessaria è quella di avere anche nel nostro paese delle norme di questo tipo. 

Non dimentichiamo che l’Administrative Procedure Act americano è del 1946 e che da lì sono nate tutte le norme di consultazione. E non dimentichiamo che la Dichiarazione di Rio del 1992 ci dice che i problemi dell’ambiente vanno trattati e affrontati con la consultazione e con la partecipazione di tutti i cittadini. La Dichiarazione di Rio contiene quindi un principio essenziale: l’ambiente – anche l’ambiente urbano – interessa tutti e tutti devono essere coinvolti nelle decisioni ambientali. 

Questo importante principio non è sufficientemente penetrato nel nostro paese, noi non abbiamo una regolare e proceduralizzata forma di consultazione, di apertura e di partecipazione dei cittadini ai problemi ambientali. 

Sarebbe quindi necessario insistere su questa strada per riuscire ad avere una normativa che costituisca il quadro giuridico della democrazia partecipativa e che stabilisca i principi di visibilità del potere, di informazione e di partecipazione dei cittadini, di valutazione indipendente delle opinioni così espresse, prima che vengano prese le decisioni dal potere politico, che però è giusto che le prenda. Se infatti il processo di consultazione diventasse anche un processo di decisione non vi sarebbe più quella che viene chiamata deliberative democracy

Ulteriori approfondimenti 

  • Cassese S., La democrazia e i suoi limiti, Mondadori, Milano, 2018. 
  • Cassese S., Le strutture del potere, Laterza, Bari-Roma, 2023.  
  • Cassese S., Varcare le frontiereUn’autobiografia intellettuale, Mondadori, Milano, 2024.

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