Studi recenti evidenziano la crescente diffusione della povertà alimentare, anche in Italia. Un rapporto FAO indica che, nel triennio 2020-2022, la percentuale di popolazione in condizione di insicurezza alimentare è aumentata. L'EUROSTAT ha rilevato che il 7,9% della popolazione subisce deprivazione alimentare. La povertà alimentare è influenzata da diversi fattori, come la mancanza di infrastrutture alimentari, le disparità di reddito e la disoccupazione. La food charity rappresenta una soluzione innovativa che coinvolge attivamente la società civile in questa sfida. Tuttavia, il dibattito è aperto sulla sua efficacia a lungo termine e sul suo impatto reale sugli aspetti strutturali della povertà alimentare e dei sistemi alimentari locali. L’articolo analizza varie prospettive sulla food charity e la sua collocazione nel contesto dell'innovazione sociale.
Nonostante la crescente quantità di studi sulla povertà alimentare, che ne hanno approfondito diverse dimensioni e aspetti, soprattutto in termini di conseguenze materiali e immateriali, persiste l'idea prevalente di una risposta orientata al bisogno. Le soluzioni strutturali proposte spesso coinvolgono la modifica delle condizioni materiali legate al reddito e, in generale, alle misure di protezione sociale. Questo articolo propone la necessità di adottare nuovi obiettivi nel contrastare la povertà alimentare, non più orientati esclusivamente a evitare la condizione di bisogno, ma piuttosto finalizzati al raggiungimento del benessere alimentare. Cambiare la prospettiva attraverso cui analizziamo la povertà alimentare ha importanti implicazioni sul concetto di innovazione sociale, soprattutto in relazione alle pratiche di aiuto, con particolare riferimento al recupero e alla redistribuzione delle eccedenze alimentari.
Il tema dell’alimentazione rappresenta una criticità in contesti altamente urbanizzati come quello della città di Roma. Il Progetto “RecuperiAmo” dell’associazione RefoodGees è frutto dell’alleanza con il Nuovo Mercato Esquilino di Roma per il recupero e la redistribuzione delle eccedenze alimentari. L’esperienza di RefoodGees insegna come strutture associative snelle e solidaristiche siano in grado di meglio veicolare modelli virtuosi e alternativi di circolarità anche in situazioni emergenziali, rendendoli inclusivi anche da un punto di vista sociale.
L'agricoltura urbana sta vivendo una crescita significativa negli ultimi decenni, con numerose aziende agricole che abbracciano l'economia circolare e si impegnano nella transizione agroecologica. In questo contesto, alcune innovative iniziative di filiera corta, come "L'Alveare che dice Sì", stanno contribuendo attivamente a promuovere l'agricoltura urbana, creando connessioni dirette tra i consumatori e le aziende agricole coinvolte. Un'indagine esplorativa condotta su diciannove aziende di agricoltura urbana a Roma ha evidenziato un livello aziendale complessivo medio-alto in termini di efficienza e circolarità delle iniziative, ma ha altresì rilevato un basso tasso di riciclaggio dell'acqua.
La rivoluzione alimentare urbana coinvolge sempre più città e territori, con politiche volte a garantire sicurezza alimentare e sostenibilità. Restano però lacune nell’implementazione e nella valutazione di tali iniziative. Multiculturalità e innovazione rurale emergono come temi centrali: l’uso del linguaggio e nuovi paradigmi spaziali evidenziano l’importanza di integrare diversità culturale e rurale e di rivedere il tradizionale dualismo urbano-rurale. Progetti collaborativi e colture alternative, come la quinoa, mostrano il potenziale per valorizzare territori, biodiversità e comunità locali.
La scelta vegana, seguita da oltre 22 milioni di italiani nei consumi plant-based, implica trasformazioni etiche nei consumi, coinvolgendo anche settori come abbigliamento e cosmesi. Tuttavia, l’integrazione sociale del veganismo incontra resistenze culturali, spesso riflesse nel linguaggio. Mentre il mondo vegan adotta termini onnivori per attrarre nuovi consumatori, gli onnivori utilizzano etichette dispregiative per marcare confini. Il linguaggio, dunque, non solo descrive pratiche, ma definisce relazioni e possibilità di integrazione sociale.
L’agricoltura in Oltrepò Pavese è la principale fonte di reddito. Il drastico calo della popolazione degli ultimi decenni, il suo costante invecchiamento e il dissesto idrogeologico hanno portato al dimezzamento della superficie agricola coltivata. Il progetto ATTIV-AREE-Oltrepò (bio)diverso, sostenuto da Fondazione Cariplo, ha sperimentato colture innovative come la quinoa, coltivata in 13 campi sperimentali. I risultati evidenziano sostenibilità ambientale, basso consumo idrico e alta potenziale redditività, coinvolgendo agricoltori in dialoghi e soluzioni condivise.
Il progetto Oltrepò BioDiverso ha attivato un rural network per valorizzare la biodiversità e promuovere lo sviluppo socio-economico nell’Appennino lombardo. Tra il 2017 e il 2020, ha coinvolto 17 Comuni e 19 enti no profit, integrando innovazione agricola, multifunzionalità e strumenti per la coesione territoriale. L’iniziativa ha contrastato lo spopolamento e avviato modelli replicabili di sviluppo rurale sostenibile, rafforzando il dialogo tra aree urbane e interne.
L'importanza della cultura nello sviluppo locale è stata ampiamente riconosciuta e vale la pena approfondire la sua natura territoriale per meglio comprenderne il potenziale impatto positivo nelle diverse aree. Le varie prospettive esistenti in tema di cultura, il modo in cui essa influisce sulle performance locali e i canali attraverso i quali questa relazione si esplicita sono importanti oggetti di studio. Le sfide attuali e le possibili evoluzioni della ricerca in questo campo sono elementi fondamentali di cui tenere conto per proseguire in tali ragionamenti